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Perché succhiare le teste dei gamberi o riutilizzarle per farci il brodo è pericoloso

Consumare il contenuto delle teste dei gamberi o utilizzarlo per fumetti e bisque può rivelarsi un’abitudine alimentare scorretta che può mettere a serio rischio la nostra salute: ecco perché.
A cura di Valeria Aiello
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Protagonisti di tantissime ricette estive, i gamberi sono uno dei prodotti ittici più apprezzati a livello internazionale. Il loro consumo può però nascondere delle abitudini alimentari scorrette, come succhiare le teste o riutilizzarle in cucina per preparare brodi, fumetti o bisque.

Quella che da molti è considerata la parte più saporita di gamberi andrebbe infatti evitata perché contiene un alto contenuto di cadmio, un metallo tossico per l’organismo umano, che tende ad accumularsi nelle cosiddette “carni scure” dei crostacei, in particolare nell’epatopancreas, l’organo del sistema digerente che si trova appunto nella testa dei gamberi.

L'errore di mangiare le teste dei gamberi

Sui rischi rappresentati dal cadmio per la salute, si è pronunciata anche l’Agenzia spagnola per la sicurezza alimentare e la nutrizione (AESAN), allertando sul consumo delle carni scure dei crostacei. “Classificato come cancerogeno nell’uomo – spiega l’Agenzia – , il cadmio è un elemento che ha numerosi effetti tossici dovuti a una esposizione prolungata, con ripercussioni a livello renale (disfunzione) per la capacità di accumularsi a livello del tubulo prossimale. Può anche causare demineralizzazione ossea, per azione diretta o per danno renale, e può inoltre accumularsi nel fegato e nei reni, con un’emivita di 10-30 anni”.

Oltre al potenziale cancerogeno indicato nel 1993 dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), il Comitato scientifico degli alimenti della Commissione Europea (SCF) ha rimarcato l’elevata influenza della dieta sull’esposizione complessiva al cadmio, incoraggiando i partner dell’Unione ad attuare azioni mirate a ridurre l’assunzione di questo elemento attraverso gli alimenti. I livelli massimi tollerabili a settimana (TSI), stabiliti dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), sono di 2,5 microgrammi di cadmio per chilogrammo di peso corporeo, corrispondenti alla quantità massima che una persona può ingerire settimanalmente senza manifestare rischi per la salute. Nel caso, ad esempio, di una persone che pesa 70 kg, il limite massimo di cadmio è 0,175 milligrammi a settimana.

Ma qual è la quantità di cadmio contenuta nei crostacei? Secondo l’Agenzia spagnola, le “carni bianche” della coda dei gamberi consumati nell’UE contengono in media 0,08 milligrammi di cadmio per chilogrammo – una persona di 70 kg potrebbe quindi consumare circa due chili di gamberi a settimana, senza tenere conto del resto delle fonti di cadmio. Ben diversa, d’altra parte, la quantità la concentrazione di cadmio presente nelle “carni scure” che, per le teste di gambero, è pressoché quadruplicata, e addirittura 30 volte superiore in quelle del granchio.

Pertanto l’AESAN raccomanda di limitare il più possibile il loro consumo, in modo che un’assunzione moderata prevenga un’esposizione al cadmio inaccettabile per l’organismo. Andrebbe quindi evitato di succhiare le teste o usarle per preparare sughetti con cui insaporire i cibi, sebbene la concentrazione di questo elemento nel brodo risulterà chiaramente inferiore per diluizione.

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