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Perché siamo monogami?

Uno studio recente pone l’attenzione sul ruolo della difesa dall’infanticidio come elemento fondamentale nell’ambito dell’evoluzione del comportamento dei primati.
A cura di Nadia Vitali
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Il gibbone è uno dei primati noto per la sua monogamia
Il gibbone è uno dei primati noto per la sua monogamia

Frequente tra gli uccelli, la monogamia non lo è altrettanto tra i mammiferi, al punto che tale comportamento ha sovente destato l'interesse di biologi ed etologi i quali, nel tentativo di fornire una spiegazione univoca e il più possibile esaustiva per un fenomeno tutto sommato tanto singolare, hanno elaborato tre diverse possibili teorie: la prima sostiene che la pratica sarebbe stata funzionale al controllo delle femmine da parte dei maschi, una sorta di stratagemma per aggirare il problema della "concorrenza" con gli altri esemplari; la seconda rileva che, essendo i costi biologici dell'allevamento della prole dei mammiferi particolarmente elevati, il netto miglioramento delle cure parentali derivato dall'unione fissa della coppia comporterebbe dei vantaggi notevoli per le specie.

La terza ipotesi, invece, sostiene che la monogamia avrebbe giocato un ruolo fondamentale nella prevenzione dell'infanticidio: grazie ad una coppia di genitori uniti, infatti, i piccoli beneficerebbero di maggiori protezioni per essere al riparo dagli attacchi degli altri maschi non imparentati. Molto di frequente, in effetti, accade che i maschi rivali attacchino ed uccidano i cuccioli. Gli studiosi ritengono che tale comportamento sia da addebitarsi al fatto che le attenzioni riservate dalla madre al piccolo, in termini di allattamento ed allevamento della prole, rendano la femmina evidentemente meno predisposta all'accoppiamento: per ovviare dunque al problema, i maschi ricorrerebbero all'eliminazione dei figli della femmina procedendo così per assecondare i propri istinti. Di conseguenza, la compagnia di un partner fisso per le femmine sarebbe diventata una forma di difesa efficace consentendo così al comportamento di essere "selezionato", evolvendosi assieme a molti primati, come ad esempio i gibboni.

Christopher Opie, del dipartimento di antropologia della University College of London, assieme ai suoi colleghi, sarebbe propenso a percorrere proprio questa terza via per fornire una spiegazione di un fenomeno che sembra riguardarci molto da vicino: in uno studio, i cui risultati sono stati pubblicati dalla rivista PNAS, espone i dettagli del lavoro di ricerca del suo gruppo che guarderebbe proprio alla prevenzione dell'infanticidio come spiegazione principale della nascita e dell'evoluzione della pratica della monogamia. Le osservazioni dei ricercatori sono partite dall'analisi dei comportamenti e di determinati tratti genetici in 230 specie di primati che includevano galagoni, lemuri, grandi scimmie antropomorfe, esseri umani. Il confronto tra le diverse situazioni simulate, da 75 milioni di anni fa ad oggi, ha consentito ai ricercatori di delineare uno scenario verosimile all'interno del quale era possibile stabilire come i diversi fattori si fossero presentati ed influenzati a vicenda. In particolare si è notato come, in tutte le simulazioni, l'infanticidio fosse risultato un fenomeno precedente alla monogamia, divenendo la più frequente causa del passaggio dalla promiscuità all'accoppiamento con un solo partner: inoltre sarebbe risultato come le cure da parte di entrambi i genitori dedicate ai piccoli sarebbero state conseguenza, e non causa, della monogamia, assieme al sorgere del comportamento per cui i maschi hanno il controllo sulle femmine.

C'è da dire che «la monogamia non è la sola strategia per fronteggiare l'infanticidio. Le femmine di scimpanzé, ad esempio, si accoppiano con diversi maschi del proprio gruppo, per confondere la paternità ed evitare gli attacchi» ha ricordato Opie «Ma in molte altre specie, umana inclusa, i maschi e le femmine si legano per proteggere i piccoli». Conoscendo la passione degli studiosi per i dibattiti, dunque, è assai probabile che questo studio difficilmente costituirà la definitiva spiegazione di questo comportamento le cui origini ci affascinano ma, inevitabilmente, ci sfuggono. Del resto, un articolo pubblicato proprio in questi giorni da Science pone l'accento su una nuova possibilità: e se la monogamia fosse nata tra quelle specie non umane di mammiferi in cui la tolleranza interna tra i gruppi di femmine era bassa e, di conseguenza, anche la loro densità sul territorio? Questo suggerirebbe che il fenomeno si sarebbe diffuso in conseguenza all'impossibilità da parte dei maschi di raggiungerne più d'una: insomma, a ben vedere, l'affascinante mistero sul quale gli scienziati si interrogano da oltre un secolo potrebbe essere ancora ben lungi dall'essere risolto.

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