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Covid 19

Perché non è vero che i contagi nei vaccinati sono di più di quelli nei non vaccinati

Il numero assoluto di infezioni nella popolazione vaccinata è sbandierato come prova dell’inefficacia della vaccinazione: considerazioni grossolane che non tengono conto dei concetti alla base di tutte le discipline scientifiche: ecco perché.
A cura di Valeria Aiello
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La tesi per cui i vaccini Covid non proteggono dall’infezione è diventata una delle argomentazioni preferite dai no-vax. “Se vengo comunque contagiato, perché dovrei vaccinarmi?”. E ancora: “Visto che anche i vaccinati si infettano e possono infettare, a cosa serve il vaccino?”. Sciocchezze, da qualsiasi punto di vista statistico o scientifico le si guardi.

Davanti a queste domande, chi evita la vaccinazione deve essere innanzitutto cosciente del fatto che ha una protezione dal contagio pari allo zero per cento. Questo equivale al dire che: chi non si vaccina ha tutte le probabilità di infettarsi, ma anche di ammalarsi, aggravarsi e di morire di Covid. D’altra parte, chi sceglie di vaccinarsi, deve essere consapevole che i vaccini non impediscono al cento per cento il contagio, ma lo bloccano in certa misura, così come non annullano totalmente il rischio di malattia grave e decessi, ma lo rendono praticamente remoto – gli ultimi dati del Public Health England contro la variante Delta indicano che due dosi di uno dei vaccini disponibili in Gran Bretagna (Pfizer, Moderna e Astrazeneca) offrono una protezione del 79% dalle forme di Covid sintomatico e del 96% dal ricovero in ospedale.

Sul livello di protezione contro la morte causata da variante Delta non esistono ancora stime precise, principalmente perché i decessi tra i vaccinati sono fortunatamente davvero rari. Similmente, non esiste ancora uno studio esteso sull’effettiva riduzione del rischio di infezione e trasmissione della variante Delta ora che questa versione virale è dominante. Questi dati arriveranno presto, perché la riduzione dell’infezione è reale ed è stata già documentata per la variante Alfa. Contro Delta, d’altra parte, questo abbattimento sarà probabilmente inferiore, ma comunque significativo. E, come per Alfa, sarà espresso in percentuale, quindi in termini di probabilità.

L'errore dei no-vax

Probabilità, appunto: il concetto alla base di tutte le discipline scientifiche, per cui non esiste il tutto o niente. Semplificare il ragionamento a frasi del tipo “i vaccini proteggono/non proteggono” e più in generale a “funzionano/non funzionano” come spesso avviene nelle discussioni su obblighi e Green pass è chiaramente sbagliato e induce a errori grossolani quando si parla di efficacia della vaccinazione (non solo per i sieri anti-Covid, ma proprio in generale).

Funziona così, da sempre, ed è per questo motivo che non è vero che i vaccini impediscono/non impediscono il contagio, ma lo fanno in una certa misura. Ed è per questo stesso motivo che, sulla base della più semplice relazione chiamata proporzione, più alto è il numero di persone vaccinate, maggiore sarà il numero assoluto di infezioni che può verificarsi nella popolazione vaccinata.

Se, ad esempio la copertura vaccinale è del 90% della popolazione, su un milione di abitanti avremo 900mila vaccinati e 100mila non vaccinati. E avremo (con una probabilità di contrarre Covid sintomatico del 2% e l’80% di efficacia dei vaccini contro l’infezione, secondo le stime dell’ISS) un totale di 5.600 infezioni, di cui 3.600 nei vaccinati e 2.000 nei non vaccinati.

Numeri assoluti che sono proprio quelli che fanno cadere in errore i no-vax, dal momento che 3.600 infezioni su 900.000 vaccinati sono lo 0,4% mentre 2.000 infezioni su 100.000 non vaccinati sono esattamente il 2%, ovvero la piena probabilità inizialmente stimata. La matematica non è un opinione, eppure – diceva qualcuno – , abbiamo una pessima opinione di essa.

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