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Perché non bisogna essere diffidenti verso il vaccino Covid di Astrazeneca

Parte dei dubbi sull’opportunità di essere vaccinati con il siero sviluppato ad Oxford arriva dai test clinici, più tortuosi rispetto a quelli dei vaccini di Pfizer e Moderna, e dai tanti cambi di rotta sullo schema vaccinale e l’utilizzo nelle diverse fasce di età. I nuovi dati sull’esperienza di vaccinazione indicano che non c’è motivo di essere scettici. L’alto profilo di efficacia e sicurezza osservato nei vaccinati (oltre dieci volte il numero di volontari della sperimentazione clinica) mostrano che non c’è davvero motivo di diffidare di un prodotto che ci protegge e protegge le persone che amiamo.
A cura di Valeria Aiello
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Non c’è motivo di essere diffidenti rispetto al vaccino anti-Covid di Astrazeneca. Eppure i dubbi che ruotano attorno al siero del Jenner Institute di Oxford prodotto dall’azienda farmaceutica anglo-svedese agitano l’opinione pubblica che lo considera di un vaccino serie B. Un problema non solo italiano ma diffuso anche in altri Paesi dell’Unione europea, come in Germania, dove la cancelliera Angela Merkel ha ammesso che “c’è un problema di accettazione con il vaccino di Astrazeneca al momento”.

I dubbi su Astrazeneca

Parte dell’incertezza arriva dai test clinici con cui il vaccino è stato autorizzato dall’EMA, una sperimentazione più tortuosa rispetto a quella dei sieri di Pfizer-BioNTech e di Moderna, inclusa l’ammissione di un errore nel dosaggio (la somministrazione di una prima mezza dose seguita da una dose intera) che, inaspettatamente, avrebbe permesso di raggiungere una maggiore efficacia.

Un intoppo al quale si sono poi aggiunte altre perplessità circa la decisione di ritardare il richiamo oltre le quattro settimane inizialmente previste, la protezione nelle diverse fasce di età e soprattutto l’efficacia negli anziani. Temi attorno ai quali si è approfondita la valutazione di nuovi studi, in particolare di due analisi, la prima inglese e la seconda condotta sulle inoculazioni in Scozia, che hanno portato all’allungamento dei tempi tra la prima e la seconda dose e all’uso, inizialmente non indicato, anche negli gli over 55 e poi anche per gli over 65.

Cambi di rotta che hanno contribuito a creare una comunicazione incerta e in parte contraddittoria, nonostante dalla cosiddetta real world experience, ovvero l’evidenza basata sull’esperienza sul campo, siano emersi dati che mostrano apertamente sicurezza e efficacia del vaccino.

Perché non essere diffidenti

Anche se un confronto diretto con i risultati dei vaccini di Pfizer e Moderna, efficaci al 94-95% nel proteggere dalle forme sintomatiche di Covid, è complicato dalle differenze nel modo in cui sono stati condotti gli studi clinici, è importante ricordare che in una fase come quella che stiamo attraversando, in cui le dosi non sono per tutti disponibili e l’andamento dell’epidemia indica una nuova crescita dei contagi, anche un’efficacia come quella del 62% osservata nella sperimentazione di Astrazeneca è un risultato migliore del vaccino antinfluenzale, che è efficace al 50%.

I nuovi dati hanno inoltre indicato che una singola dose di vaccino può indurre una protezione del 76% per tre mesi, e che questa può superare l’80% con la somministrazione della seconda dose dopo 12 settimane. A questo si aggiungono i risultati del Public Health England, l’agenzia governativa del Dipartimento di Sanità del Regno Unito, che si basano su persone di età superiore agli 80 anni, le prime ad essere state immunizzate in Gran Bretagna, dove fin dall’inizio ci si è concentrati sulla somministrazione di una singola dose per ampliare al massimo il numero di persone protette da almeno un’iniezione. Questi dati hanno indicato che una singola dose è altamente protettiva, riducendo di oltre l’80% il rischio di malattia sintomatica e di cure ospedaliere nei più anziani. Nella popolazione vaccinata in generale, la somministrazione della prima dose ha portato a una riduzione dei ricoveri fino al 94% rispetto all’85% del vaccino di Pfizer.

Sebbene derivati dall’osservazione sul campo, questi risultati comprendono oltre 1,14 milioni somministrazioni di vaccino, di cui 490mila di Astrazeneca (dieci volte in più rispetto ai volontari arruolati nella sperimentazione clinica), lasciando ben poco spazio a scetticismi ed esitazioni. L’alto profilo di sicurezza e efficacia non danno alcun motivo per cui avere paura di ricevere questo siero, un preparato che, come sottolineato anche dal presidente del Consiglio di Superiore di Sanità Franco Locatelli “è significativamente utile, copre l’82% dei casi da ogni forma di Covid-19 e per le forme più gravi arriviamo al 100%”. Non c’è quindi davvero ragione di essere diffidenti nei confronti di un prodotto che ci protegge e protegge le persone che amiamo. Non sarà un flop comunicazionale a farci dire no a questo vaccino.

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