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Covid 19

Perché mezzo milione di squali rischia di essere ucciso per produrre un vaccino anti COVID

L’organizzazione senza scopo di lucro Shark Allies ha annunciato che fino a cinquecentomila squali potrebbero essere uccisi per produrre un vaccino contro il coronavirus SARS-CoV-2 da destinare all’intera popolazione umana. La ragione risiede nello squalene, un composto presente nel fegato di questi pesci usato come adiuvante in alcuni vaccini in sperimentazione. Gli esperti chiedono che le case farmaceutiche utilizzino squalene di origine vegetale al posto di quello animale.
A cura di Andrea Centini
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500mila squali potrebbero essere uccisi per produrre vaccini contro il coronavirus SARS-CoV-2, a causa di un composto presente nel fegato di questi animali – chiamato squalene – che viene utilizzato come adiuvante per le preparazioni. Al momento fra i vaccini candidati in sperimentazione contro il patogeno emerso in Cina ce ne sono cinque che usano lo squalene a tale scopo. Qualora un vaccino a base di squalene di origine animale dovesse essere approvato, dopo aver superato tutti i trial clinici di sicurezza ed efficacia, per produrre dosi sufficienti per immunizzare l'intera popolazione mondiale si stima che potrebbero essere uccisi ben 250mila squali per le preparazioni a singola iniezione, e mezzo milione per quelle che ne richiedono due.

A lanciare l'allarme su questo rischio l'organizzazione senza scopo di lucro Shark Allies, fondata nel 2007 alle Isole Hawaii ma ufficialmente operativa dal 2014 in California. Il gruppo, composto da scienziati, veterinari e attivisti ambientalisti, con una petizione su change.org richiede che le case farmaceutiche coinvolte nell'uso di squalene – come l'adiuvante chiamato MF59 – non rallentino assolutamente i test per sviluppare un vaccino contro il coronavirus SARS-CoV-2, ma di sostituire lo squalene di origine animale con quello estratto dai vegetali.

Lo squalene, infatti, può essere ottenuto anche dall'olio di oliva, dal lievito, da batteri, dalla canna da zucchero e probabilmente anche dalle alghe, come scrive Shark Allies sulla petizione, ciò nonostante laboratori e case farmaceutiche spesso si rivolgono a quello di origine animale per una questione economica. Lo squalene vegetale costa infatti il 30 percento in più di quello estratto dal fegato degli squali, per il semplice motivo che per estrarre quello dai pesci (con una purezza del 98 percento) si esegue “una singola fase di distillazione sotto vuoto a temperature di 200-230 gradi Celsius”, un processo che dura sole 10 ore. Per ottenere quello vegetale con una purezza del 92 percento ci vogliono invece 70 ore. Poiché lo squalene di origine vegetale e quello di origine animale hanno la medesima struttura chimica (C30H50), nella sperimentazione non dovrebbe esserci alcuna differenza nell'uso dell'uno o dell'altro come adiuvante di un vaccino.

Ricordiamo che gli adiuvanti sono componenti comuni dei vaccini e hanno lo scopo di migliorare la risposta immunitaria una volta iniettati assieme alla preparazione. Grazie alla loro efficacia, spesso determinano una diminuzione del “principio attivo” (come virus inattivati e indeboliti) all'interno dei vaccini stessi, permettendo la produzione di un numero superiore di dosi. Lo squalene è stato testato in diversi vaccini contro l'influenza e i coronavirus, compresi quelli sperimentali progettati contro i virus della MERS e della SARS; come indicato, ci sono anche diverse preparazioni anti COVID basate su di esso.

Come sottolineato dalla direttrice e fondatrice di Shark Allies, Stefanie Brendl, le specie di squalo da cui viene estratto lo squalene – come lo squalo elefante e il centroforo – sono minacciate e le popolazioni sono in costante diminuzione. Fare affidamento su un vaccino basato sullo squalene animale potrebbe avere un impatto catastrofico su questi magnifici animali, alcuni dei quali sono già crollati del 90 percento a causa della pesca intensiva perpetrata dall'uomo (ad esempio per l'atroce shark finning, il prelievo delle sole pinne, che prevede di ributtare in mare l'animale ancora vivo e agonizzante, impossibilitato a muoversi). Ogni anno ne uccidiamo ben 100 milioni di esemplari, e sono 17 le specie minacciate di estinzione, secondo un recente rapporto pubblicato dallo “Shark Specialist Group” dell'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN).

“La raccolta di qualcosa da un animale selvatico non sarà mai sostenibile, soprattutto se si tratta di un predatore eccezionale che non si riproduce in grandi quantità”, ha sottolineato la dottoressa Stefanie Brendl. “Ci sono così tante incognite su quanto grande e per quanto tempo questa pandemia potrebbe durare, e il numero di squali catturati per il vaccino potrebbe essere davvero alto, anno dopo anno dopo anno”. La speranza è che le case farmaceutiche raccolgano l'appello di Shark Allies passando immediatamente allo squalene di origine vegetale. Va tenuto anche presente che spesso lo squalene di origine animale arriva da Paesi in cui la pesca è scarsamente controllata, venendo così coinvolte anche specie fortemente minacciate di estinzione.

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