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Perché la polmonite da Covid-19 dura più a lungo e causa più danni

Lo hanno scoperto i ricercatori della Northwestern University analizzando le cellule immunitarie dei polmoni di pazienti con polmonite da Covid-19 e confrontandole con quelle di pazienti con polmoniti causate da altri virus o batteri. Lo studio pubblicato su Nature apre la strada alla sperimentazione clinica di nuovi farmaci con l’avvio dei test all’inizio del 2021.
A cura di Valeria Aiello
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Fin dallo scoppio della pandemia di Covid-19, l’infezione da coronavirus Sars-Cov-2 è stata associata a gravi polmoniti interstiziali e forme di insufficienza respiratoria acuta con caratteristiche cliniche distinte da quelle causate da infezioni batteriche o altri virus. Alcune ricerche hanno suggerito che la risposta immunitaria scatenata da Sars-Cov-2 differisca da quella ad altre infezioni respiratorie senza però chiarire esattamente le ragioni della diversa eziologia. In tal senso, i ricercatori della Feinberg School of Medicine della Northwestern University di Evanston, nell’Illinois, hanno fornito un primo confronto tra i meccanismi immunitari che concorrono nella polmonite da Covid-19 e quelli che intervengono nelle polmoniti causate da altre infezioni, evidenziando importanti differenze da altri tipi di polmonite.

La ricerca sulla polmonite da Covid-19

Per portare avanti l’analisi, i ricercatori hanno esaminato le cellule immunitarie ottenute da campioni di liquido di lavaggio broncoalveolare di pazienti con Covid-19 e le hanno raffrontate con quelle raccolte da pazienti con polmonite causata da altri patogeni, identificando il modo in cui queste cellule immunitarie guidano l’infiammazione. Un livello di risoluzione “che non potrebbe mai essere raggiunto senza campionare direttamente il liquido polmonare – ha spiegato il dottor Alexander Misharin, coautore senior dello studio – . I campioni dei pazienti sono stati analizzati con le tecnologie più sofisticate disponibili nei laboratori di ricerca della Northwestern, richiedendo lo sforzo concertato di oltre 100 ricercatori”.

I risultati dello studio, pubblicati sulla rivista Nature, indicano che, invece di infettare rapidamente ampie regioni del polmone, il coronavirus Sars-Cov-2 si insedia in piccole aree, dirottando le cellule immunitarie dei polmoni e utilizzandole per diffondersi attraverso questi organi per giorni o addirittura settimane, come più incendi che si diffondono in una foresta. Questo fa sì che l’infezione si sposti lentamente attraverso i tessuti polmonari, lasciando dietro di sé danni e alimentando continuamente febbre, bassa pressione sanguigna e danni ai reni, al cervello, al cuore e ad altri organi nei pazienti con Covid-19. “Le gravi complicanze dell’infezione da coronavirus Sars-Cov-2 – dicono gli autori – potrebbero essere correlate al lungo decorso della malattia piuttosto che a una malattia più grave”.

I ricercatori hanno così identificato gli obiettivi critici per trattare la polmonite da Covid-19 e ridurne i danni, in particolare i macrofagi – cellule immunitarie tipicamente incaricate di proteggere i polmoni – che possono essere infettate da Sars-Cov-2 e contribuire alla diffusione dell’infezione attraverso il polmone, aprendo così la strada alla sperimentazione di nuovi farmaci. Lo studio clinico è previsto all’inizio del 2021, con l’intento di calmare la risposta infiammatoria di queste cellule immunitarie e consentire l’avvio del processo di riparazione dei tessuti polmonari danneggiati. “Il nostro auspicio – concludono i ricercatori – è quello di cercare di rendere Covid-19 una malattia lieve anziché grave, quindi paragonabile a un brutto raffreddore”.

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