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Perché la peste bubbonica in Asia non può diventare una nuova pandemia

In appena due settimane sono stati registrati tre casi di peste in Asia, due in Mongolia e uno in Cina, a seguito del consumo di carne di marmotta infettata dal batterio Yersinia pestis. Le autorità sanitarie hanno predisposto quarantene, isolato centinaia di contatti e vietato la caccia di animali selvatici. Nonostante i contagi e le misure adottate, la peste bubbonica non rischia di diventare una nuova pandemia: ecco perché.
A cura di Andrea Centini
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Il batterio della peste. Credit: NIAID
Il batterio della peste. Credit: NIAID

Negli scorsi giorni due fratelli di 27 e 16 anni si sono ammalati di peste dopo aver mangiato carne cruda di marmotta nella provincia di Khovd, in Mongolia. Per prevenire l'emersione di un potenziale focolaio, il Centro nazionale per le malattie zoonotiche e il Centro zoonosi di Khovd e Bayan-Ulgii hanno deciso di predisporre la quarantena nelle aree di Tsetseg e Jargalant, oltre ad aver isolato e testato centinaia di contatti primari e secondari dei due ragazzi (il più grande dei due è ricoverato in gravi condizioni). Sabato 4 luglio è stato invece identificato un nuovo caso di peste – nella forma bubbonica, quella che determina l'ingrossamento dei linfonodi – presso l'ospedale popolare di Urad Middle Banner a Bayannur, una città-prefettura nella regione autonoma cinese chiamata "Mongolia Interna", che confina con Russia e Mongolia. In questo caso è stato coinvolto un pastore della zona, sospettato anch'esso di aver consumato carne di marmotta (la peste si trasmette principalmente attraverso il morso di animali infettati, in particolar modo pulci, ma anche mangiando roditori contagiati). Le autorità sanitarie hanno predisposto la quarantena per 146 persone e innalzato il livello di emergenza a 3 (su 4), vietando la caccia agli animali selvatici e in modo specifico alle marmotte. Questi roditori, assieme alle pulci che li parassitano, possono essere infatti portatori del batterio Yersinia pestis responsabile della peste: lo scorso anno una coppia è deceduta in Mongolia proprio dopo aver mangiato carne cruda di marmotta.

La comparsa di questi casi sta diffondendo non poca inquietudine sulla rete, soprattutto a causa di post pubblicati sui social network che paventano scenari da “peste nera”, la pandemia di peste che nel 14° secolo – durante il Medioevo – uccise circa 50 milioni di persone in tutto il mondo (compreso un terzo dell'intera popolazione europea). Il fatto di trovarsi nel cuore della pandemia di coronavirus SARS-CoV-2 ha del resto reso molte persone suscettibili a scenari apocalittici, ma fortunatamente non c'è alcun rischio che si inneschi una diffusione globale della peste, per gli esperti. Secondo i dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, la malattia infettiva è ancora oggi presente in numerosi Paesi, Stati Uniti compresi (ma non in Europa): basti pensare che tra il 2010 e il 2015 ha causato circa 3mila contagi e poco meno di 600 vittime. Ciò nonostante, come specificato, non pone rischi pandemici.

Il motivo principale risiede nel fatto che si tratta di una malattia infettiva che conosciamo molto bene, causata da un batterio e non da un virus come il SARS-CoV-2. I batteri possono essere uccisi dagli antibiotici, pertanto la peste – come sottolineato dall'Istituto Superiore di Sanità – può essere trattata efficacemente con streptomicina, gentamicina, tetracicline o cloramfenicolo. “La peste bubbonica è causata da un batterio e quindi, a differenza della COVID-19, viene prontamente trattata con antibiotici. Quindi, sebbene ciò possa apparire allarmante, essendo un'altra importante malattia infettiva che emerge in Oriente, sembra trattarsi di un singolo caso sospetto che può essere rapidamente trattato”, ha sottolineato il microbiologo dell'Università di Southampton Matthew Dryden, aggiungendo che oggi i focolai di peste “sono generalmente piccoli”. Uno dei più grandi si è verificato in Madagascar nel 2017, con circa 300 contagiati e 30 vittime, ma è improbabile che questi focolai epidemici possano esplodere come quelli del coronavirus o di altri patogeni. “A differenza del XIV secolo, ora abbiamo una comprensione di come viene trasmessa questa malattia. Sappiamo come prevenirla. Siamo anche in grado di curare i pazienti infetti grazie ad antibiotici efficaci”, ha sottolineato alla BCC il dottor Shanline Kappagoda, medico specializzato in malattie infettive della Stanford Health Care.

Va ricordato inoltre che la peste si presenta in tre forme differenti (polmonare, bubbonica e setticemica), e solo quella polmonare si trasmette da persona a persona attraverso droplet/aerosol espulsi da una persona contagiata. Per le altre due forme è necessario entrare in contatto con i fluidi corporei o le lesioni dei bubboni, dunque il contagio è molto limitato. Se la peste non viene prontamente trattata, infine, porta rapidamente a un aggravamento dei sintomi e alla morte del paziente, e ciò limita ulteriormente le possibilità che un malato possa diffonderla all'interno della comunità, come avvenuto col coronavirus SARS-CoV-2. Ciò naturalmente non deve far abbassare la guardia delle autorità sanitarie, ma i casi isolati emersi in Cina e Mongolia non hanno nulla a che vedere con l'emersione di una pandemia.

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