Perché la Corrente del Golfo sta perdendo potenza, e perché è una minaccia per il nostro benessere
Gli effetti del riscaldamento globale possono manifestarsi in molteplici modi, dalle ondate di calore estremo sempre più frequenti a incendi devastanti, passando per l'innalzamento del livello del mare, la diffusione di malattie tropicali nelle zone temperate, siccità catastrofiche, perdita della biodiversità e molto altro ancora. Diversi studi hanno mostrato anche che la costante immissione di gas a effetto serra nell'atmosfera (principalmente anidride carbonica) può addirittura alterare le grandi correnti oceaniche alla base del clima di tutto il mondo, con effetti potenzialmente drammatici. Una delle più grandi e più importanti del pianeta, la Atlantic Meridional Overturning Circulation (AMOC) che racchiude anche la più nota Corrente del Golfo, a causa dei cambiamenti climatici sta rallentando talmente tanto che potrebbe addirittura aver raggiunto una soglia di non ritorno e collassare, determinando conseguenze catastrofiche.
A determinare questo rischio è stato il ricercatore tedesco Niklas Boers, scienziato presso tre autorevoli istituti: il Dipartimento di Matematica e Informatica dell'Università Freie di Berlino; il Potsdam-Institut für Klimafolgenforschung (PIK) e il Global Systems Institute dell’Università di Exeter, nel Regno Unito. Per comprendere quali sono i potenziali effetti dell'ipotizzato collasso, è innanzitutto doveroso spiegare cos'è l'AMOC e la Corrente del Golfo che ne fa parte. In parole semplici, come sottolineato dallo studioso, si tratta di uno dei principali sistemi di circolazione del nostro pianeta: esso infatti trasporta enormi masse di acqua calda dai tropici verso i freddi mari del nord attraverso la superficie dell'Oceano Atlantico; allo stesso modo, trasporta acqua fredda da nord verso i tropici nelle profondità oceaniche. Tali movimenti non solo sono alla base delle catene trofiche e di affascinanti cicli biologici – basti pensare alle balene che migrano verso i mari freddi in primavera/estate per nutrirsi di krill e in autunno/inverno ai tropici per riprodursi -, ma condiziona il clima e le temperature di larga parte del pianeta. Se l'Europa ha un clima temperato, ad esempio, in buona parte lo si deve proprio agli effetti dell'AMOC e della sua Corrente del Golfo.
È noto da tempo che l'intero sistema sta rallentando – secondo i calcoli lo sta facendo da ben 1.600 anni -, tuttavia nell'ultimo secolo è stata osservata una perdita quasi completa della sua stabilità. In pratica, l'AMOC può oscillare naturalmente – anche in modo brusco – tra due differenti stati, uno più veloce e uno più lento. A guidare questi cicli c'è l'acqua di mare densa e salata che si trova in mari e oceani del nord, ma a causa del riscaldamento globale e del conseguente e continuo scioglimento dei ghiacci, che pompa immense quantità di acqua dolce nel sistema, l'AMOC si è destabilizzato a tal punto da poter collassare da un momento all'altro, come specificato dal professor Boers. In pratica, secondo i calcoli dello studioso potrebbe passare alla "modalità lenta" in modo irreversibile, con tutte le conseguenze del caso. L'Europa, ad esempio, potrebbe essere colpito da tempeste sempre più devastanti e il clima mite potrebbe diventare un ricordo, mentre in Sud America, India e Africa potrebbero fermarsi le abbondanti piogge alla base del sostentamento di miliardi di persone, che permettono ancora oggi grandi raccolti. Altre parti del mondo, invece, potrebbero semplicemente finire sommerse dall'acqua.
“I segni di destabilizzazione già visibili sono qualcosa che non mi sarei aspettato e che trovo spaventoso”, ha dichiarato al Guardian il professor Boers. “L'AMOC potrebbe essere vicino a una transizione critica verso la sua modalità di circolazione debole”, ha aggiunto l'esperto, sottolineando che non siamo innanzi a una fluttuazione o a una qualche risposta lineare all’incremento delle temperature, ma è probabile che ci si stia avvicinando alla soglia critica, che a sua volta può portare al collasso il sistema. L'unico modo per impedire che l'immissione di acqua dolce continui a destabilizzare l'AMOC e la corrente del Golfo è mitigare il più possibile le emissioni di CO2 e passare alle energie rinnovabili, proprio perché non sappiamo quanta anidride carbonica serva ancora per far saltare il banco e determinare il collasso. I dettagli della ricerca “Observation-based early-warning signals for a collapse of the Atlantic Meridional Overturning Circulation” sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica Nature Climate Change.