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Perché è possibile (e non c’è da preoccuparsi) che ci siano casi positivi dopo il vaccino Covid

Anche in Italia crescono le segnalazioni di persone che, anche a distanza di settimane dalla seconda dose, contraggono l’infezione da coronavirus. Perché così tanti casi? E qual è il rischio di ammalarsi? Ecco cosa c’è da sapere sull’efficacia dei vaccini e sulla protezione assicurata dai diversi prodotti approvati.
A cura di Valeria Aiello
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Positivi dopo aver ricevuto almeno una dose di vaccino anti-Covid. Fanno notizia, anche in Italia, i casi di persone che contraggono l’infezione da coronavirus, a volte a distanza anche di settimane dalla somministrazione della seconda dose. L’ultima vicenda, in ordine di tempo, è quella di un medico in Irpinia che, circa un mese dopo la seconda iniezione di Pfizer-BionTech, ha manifestato sintomi di Covid-19, scoprendo di essere positivo al test molecolare. Un caso non isolato, come dimostrato dai precedenti di tanti altri medici, infermieri e operatori socio-sanitari nel resto d’Italia ma anche in diversi altri Paesi, dove chi ha avuto priorità di vaccinazione è anche tra i primi a provare che il rischio di contagio non può essere escluso.

Perché così tanti casi di positivi dopo il vaccino Covid

In Israele, ad esempio, con più della metà della popolazione che è stata già vaccinata, le autorità sanitarie hanno contato oltre 30mila positivi tra coloro che hanno ricevuto almeno una dose. Con una differenza però sostanziale, in quanto queste persone hanno mostrato una carica virale più bassa, suggerendo non solo tassi di trasmissione virale inferiori ma anche un minor rischio di manifestare forme gravi della malattia, proprio ciò per cui i vaccini sono stati sviluppati.

Non è infatti un mistero che per efficacia del vaccino anti-Covid si intenda la protezione dalla malattia e non dall’infezione, dunque la protezione dalle forme sintomatiche di Covid-19, in particolare dal rischio di sviluppare forme gravi della malattia. Nel abbiamo parlato più volte e siamo entrati nel dettaglio anche qui, chiarendo che, a seconda del prodotto e del suo schema vaccinale – prima e seconda dose a distanza di 3-4 settimane rispettivamente per i vaccini di Pfizer-BionTech e Moderna, oppure il richiamo a 10-12 settimane per Astrazeneca o la singola dose del vaccino di Johnson & Johnson – i vaccini sono efficaci per l’80 anche più del 90 percento nel proteggere dalle forme lievi e moderate di Covid-19, arrivando a coprire il 100% delle forme gravi.

Dati calcolati sulla base dei casi di Covid-19 che si sono verificati nel corso dei test clinici tra i destinatari del vaccino e coloro che hanno invece ricevuto placebo, evidenziando come le forme gravi e fatali di Covid-19 – come accaduto nella sperimentazione di Moderna nel corso della quale si è registrato anche un decesso – hanno avuto luogo tutte nel gruppo dei non vaccinati.

Tornando quindi al rischio di infezione e alla possibilità di sviluppare Covid-19 lieve o moderato, è chiaro che anche un’efficacia superiore al 90% non esclude in una certa misura la possibilità manifestare forme sintomatiche di Covid. Proprio per questo la vaccinazione non rappresenta un “liberi tutti” né tantomeno esenta dal rispetto delle misure anti-Covid, come mascherine e distanziamento. Saranno infatti necessari ulteriori monitoraggi durante le campagne di vaccinazione per comprendere quando si raggiungerà una copertura tale da contribuire a rallentare la diffusione virale e probabilmente accompagnarci a una fase endemica, in cui il virus smetterà di farci paura perché causerà principalmente forme lievi della malattia. Senza perdere di vista il rischio rappresentato da nuove e future varianti che potrebbero ostacolare la transizione verso l’endemicità.

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