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Perché dopo il vaccino Covid è ancora possibile essere contagiati

Fa discutere la vicenda di una dottoressa di Siracusa risultata positiva al coronavirus dopo aver ricevuto la prima dose di vaccino Covid. Non si tratta però di un caso isolato e neppure di un episodio di inefficacia vaccinale.
A cura di Valeria Aiello
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Positiva al coronavirus dopo aver ricevuto il vaccino anti-Covid di Pfizer-BioNTech. Sta facendo discutere la vicenda di una dottoressa di Siracusa che, a distanza di sei giorni dalla prima dose inoculata a Palermo, ha manifestato i sintomi della malattia, risultando positiva al tampone. Il suo, tuttavia, non è un caso isolato, come dimostrato dai precedenti dell’infermiere californiano risultato positivo a più di una settimana dalla prima dose e dell’infermiera spagnola anche lei positiva a distanza di un paio di giorni dalla prima iniezione. Dopo aver ricevuto il vaccino (a maggior ragione dopo pochi giorni dalla somministrazione della prima dose) il rischio di contagio non può infatti essere escluso: una singola dose non assicura l’immunità dall’infezione e non fornisce neppure la certezza di essere completamente protetti dalle manifestazioni cliniche della malattia.

Contagio possibile anche dopo il vaccino Covid

Premesso che, per il vaccino di Pfizer autorizzato in Europa, la piena efficacia si raggiunge a una settimana dalla somministrazione della seconda dose, ad oggi non è di fatto ancora stato dimostrato se la vaccinazione protegga o meno anche dal contagio: ne parlavamo anche qui, spiegando che quando si parla di efficacia al 95% ci si riferisce esclusivamente alla protezione nei confronti delle manifestazioni sintomatiche della malattia a partire dal 7° giorno dopo la seconda dose. Questo perché, gli studi clinici finora condotti hanno avuto come obiettivo primario quello di determinare l’efficacia della vaccinazione nel prevenire le forme sintomatiche della malattia. In altre parole, lo scopo prioritario della vaccinazione è quello di evitare lo scatenarsi delle forme gravi di Covid-19 (e quindi contrastare il rischio di ospedalizzazione e di morte) e non è ancora stato dimostrato se chi riceve due dosi di vaccino possa o meno contrarre l’infezione in modo asintomatico e contagiare le altre persone.

Allo stesso modo, non sappiamo se una singola dose possa in parte evitare il rischio di infezione sebbene, a partire dai giorni successivi alla somministrazione, la prima dose determini comunque una protezione parziale dalle forme sintomatiche della malattia. Nel corso degli studi clinici di fase 3 i ricercatori hanno infatti dimostrato che l’efficacia conferita dalla prima dose è del 52% dopo 12 giorni dalla somministrazione, ovvero che la risposta immunitaria indotta dalla prima dose non assicura l’immediata e ancora la piena protezione dalle forme lievi o asintomatiche della malattia. Tale protezione va aumentando nel tempo, fino appunto a raggiungere il 52 per cento a distanza di 12 giorni dalla prima iniezione.

Il caso della dottoressa di Siracusa

Tornando al caso della dottoressa di Siracusa, è quindi ragionevole ipotizzare che il contagio possa essere avvenuto sia nei giorni precedenti alla vaccinazione (quando la stessa ha spiegato di essere risultata sempre negativa al test ma poteva comunque trovarsi in una fase di incubazione sfuggita al controllo), sia dopo la somministrazione del vaccino. La sua positività a sei giorni dalla prima dose non è quindi un caso di inefficacia vaccinale, dal momento che – anche volendo considerare l’ipotesi di infezione subito dopo la prima dose – i dati relativi al vaccino di Pfizer indicano la parziale protezione dalla malattia dopo almeno 12 giorni dalla somministrazione della prima dose e, come detto, non suggeriscono comunque una plausibile protezione dal contagio.

D’altra parte, data l’incertezza sul rischio di infezione, quanto accaduto sottolinea l’importanza di continuare ad adottare le misure di prevenzione, dunque indossare la mascherina, rispettare il distanziamento interpersonale e lavarsi frequentemente le mani anche dopo la vaccinazione: saranno ulteriori studi a chiarire se e quali vaccini saranno in grado di proteggere le cellule dall’ingresso del virus, oltre che a definire con certezza la durata dell’immunità, aspetto anche questo che non è ancora stato chiarito. Prima di allora, è bene ricordarlo, servirà rispettare comunque le norme anti-contagio che, ad oggi, rappresentano l’unica arma a nostra disposizione per contrastare l’azione indisturbata del virus. Nel frattempo, la vaccinazione contribuirà a raffreddare la gravità della malattia, contenendo gli effetti patogeni del virus.

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