Perché basta un solo tampone negativo per uscire dalla quarantena Covid-19
Stop al doppio tampone. Per dichiarare completamente guarita una persona positiva al coronavirus basterà un singolo test negativo dopo 10 giorni di isolamento – e non 14 come previsto finora. Il Comitato tecnico scientifico (Cts) ha ridefinito i criteri della quarantena, riducendo i tempi ed eliminando l’obbligo del doppio tampone negativo che in questi mesi ha rappresentato uno dei fondamenti nella lotta contro il coronavirus. Come si legge in un comunicato, il Cts ha deciso di “aggiornare il percorso diagnostico per l'identificazione dei casi positivi, così come la tempestiva restituzione al contesto sociale dei soggetti diagnosticamente guariti” tenendo conto delle Linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e adottando il principio della “massima cautela”.
Perché basta un solo tampone negativo?
Per uscire dalla quarantena o dall’isolamento fiduciario, perché positivi al coronavirus Sars-Cov-2 o per essere entrati a stretto contatto con un positivo, dovranno trascorrere almeno dieci giorni (dei quali tre senza sintomi) prima di sottoporsi al tampone. Se l’indagine molecolare che rileva la presenza di materiale genetico RT-PCR darà esito negativo, non sarà più necessario sottoporsi a un secondo tampone ma basterà questo primo risultato a dimostrare la completa guarigione. In caso di positività sintomatica, se negli ultimi tre giorni non si sono manifestati sintomi (tosse, febbre, difficoltà respiratorie…) sarà necessario un solo test negativo per uscire dall’isolamento. Le persone asintomatiche con tampone che non si negativizza, dopo 21 giorni potranno tornare alla vita normale. Una semplificazione che va ad alleggerire il carico sul sistema di diagnosi, liberando parte della capacità di test verso la ricerca di nuovi positivi.
Dopo dieci giorni di quarantena, basterà quindi l’esito di un singolo tampone per poter uscire dall’isolamento, un periodo di tempo che gli scienziati ritengono sufficiente per poter ritenere un positivo non più contagioso. Diversi studi sulla diffusione del virus hanno indicato che il rischio di trasmissione è più elevato nei primi cinque giorni di infezione. In particolare, le analisi sul rischio di diffusione della malattia legato all’insorgenza dei sintomi hanno mostrato una carica virale più alta alla comparsa della sintomatologia o nella prima settimana dalla diagnosi, cui fa seguito un graduale declino del tempo.
Questo periodo di eliminazione del virus (clearance virale) avviene in media entro un mese dalla diagnosi per la metà dei pazienti, aumentato da fattori come età e gravità della malattia, ma in caso di mancata negativizzazione dopo 21 giorni si potrà comunque uscire dall’isolamento. L’esistenza di un test positivo a tre settimane dalla diagnosi indicherà possibilmente la presenza di tracce del genoma virale ma non che la persona è contagiosa. “Le evidenze disponibili – spiega il Cts – non documentano alcun caso di presenza di virus competente per la replicazione al 21° giorno”. Un’osservazione che certamente serve a snellire il sistema di fine quarantena e alleggerisce le procedure per uffici e scuole, dove moltissime classi sono state fermate per la positività di professori o studenti, con la possibilità di estendere l’uso dei test rapidi a medici di base e pediatri.