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Covid 19

Perché anticipare la seconda dose del vaccino Covid di Astrazeneca può ridurre l’efficacia

Sta facendo discutere la proposta del Ministro della Salute tedesco che ha suggerito di accorciare i tempi del ciclo vaccinale per evitare che la campagna vaccinale sia penalizzata dalle vacanze estive. Una soluzione “pratica” ma a scapito dell’efficacia, come indicato dai dati del vaccino.
A cura di Valeria Aiello
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La campagna vaccinale con Astrazeneca, già frenata da indecisioni e paure legate alle notizie sugli effetti collaterali, rischia di essere ulteriormente penalizzata dalle vacanze estive. Con un intervallo di 12 settimane tra la prima e la seconda dose, chiunque riceva oggi la prima iniezione del siero anglo-svedese si ritroverà con il richiamo fissato per gli inizi di agosto, presumibilmente quando sarà in ferie. Una circostanza che potrebbe rendere il vaccino di Astrazeneca ancora meno attraente, spingendo le persone a rinviare la vaccinazione oppure a scegliere (quando e dove possibile) un diverso vaccino anti-Covid, con richiamo a sei settimane (come Pfizer e Moderna) o il monodose di Johnson & Johnson.

Un problema già emerso in Germania, dove sta facendo discutere la proposta del Ministro della Salute Jens Spahn ha avanzato l’ipotesi di ridurre l’intervallo tra le due dosi di Astrazeneca a quattro settimane. Una soluzione “pratica” ma che, secondo i più recenti dati dell’Università di Oxford, va a scapito dell’efficacia.

L’allungamento dei tempi del richiamo – inizialmente deciso nel Regno Unito per offrire al maggior numero di persone possibile la protezione conferita da una singola dose – , si è infatti rivelato un approccio in grado di massimizzare la protezione conferita  dal vaccino di Astrazeneca, portando anche altri Paesi, inclusa l’Italia, a ritardare i tempi della seconda dose.

Gli effetti del distanziamento del richiamo, descritti nel dettaglio in uno studio pubblicato su The Lancet, hanno indicato una protezione dell’81% quando la seconda dose è stata somministrata almeno 12 settimane dopo la prima, rispetto al 55% quando l’intervallo tra le due dosi era inferiore alle sei settimane. Allo stesso tempo, l’intervallo a 12 settimane ha avuto un impatto anche sulla risposta anticorpale, risultata “più di due volte più alta dopo un intervallo di dodici o più settimane rispetto a un intervallo inferiore alle sei settimane” si legge nello studio.

Stime che, nel complesso, hanno evidenziato una maggiore efficacia del vaccino quando somministrato con un intervallo di 12 settimane tra le due dosi, nonché una più elevata produzione di anticorpi. “Ciò suggerisce una relazione tra la risposta immunitaria umorale (mediata dagli anticorpi, ndr) e l’efficacia” hanno indicato i ricercatori di Oxford, precisando che una maggiore protezione associata a risposte immunitarie più forti dopo il distanziamento delle dosi è stata osservata anche con altri vaccini a base di adenovirus, come quelli contro l’influenza e la malattia causata dal virus Ebola. “Un intervallo di 3 mesi può avere vantaggi rispetto a un programma con un intervallo di dosaggio più breve, permettendo di proteggere il maggior numero di persone il prima possibile e migliorando anche la protezione dopo aver ricevuto una seconda dose".

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