Per l’abolizione del concetto di razza dai testi scientifici
Due professori dell'università della Pennsylvania sono i coautori, assieme a due ricercatori, di un articolo pubblicato questa settimana dalle pagine di Science che cerca di sollecitare all'abbandono del concetto genetico di "razza" nell'ambito della ricerca biologica.
Dorothy Roberts e Sarah Tishkoff, assieme a Michael Yudell e Rob DeSalle rispettivamente della Drexel University e dell'American Museum of Natural History, scrivono che l'utilizzo del concetto biologico di razza nella ricerca genetica umana, così disputato e così facilmente preda di confusione, è problematico, nella migliore delle ipotesi, ma può divenire anche decisamente dannoso. Sarebbe dunque tempo per i biologi di trovare una nuova strada da percorrere.
L'articolo sottolinea come innumerevoli studi abbiano fallito nel voler conferire una base biologica all'idea delle "razze umane". La divisione delle persone in base al colore della pelle dovrebbe cercare di dare un ordine a una grande quantità di dati: il termine "razza", dunque, non viene utilizzato con intenti discriminatori (è accaduto in un passato orribile dal quale la scienza è molto lontana, fortunatamente), poiché non rimanda ad alcun concetto di presunta superiorità o inferiorità. Cionondimeno, ancora oggi, può richiamare nella mente di alcuni antiche ideologie distorte.
Sopratutto, l'uso del concetto di razza è inconsistente dal punto di vista scientifico: basta pensare alle differenze genetiche profonde che possono coesistere all'interno di gruppi con lo stesso colore della pelle per comprendere come tale divisione possa originare errori metodologici anche importanti. Sarebbe, dunque, più logico e verosimile basarsi su altre categorie nel momento in cui si descrivono gruppi umani negli studi di genetica: ci si potrebbe riferire agli antenati (la stirpe), ad esempio, o alle popolazioni.
Gli autori hanno quindi rivolto un appello all'accademia americana delle scienze affinché un panel di esperti di più discipline si dedichi a migliorare gli studi scientifici sulle differenze e le similitudini tra esseri umani attraverso il superamento dell'uso di razza «come strumento classificatorio nella ricerca clinica e di laboratorio».