Pazienti infettati da due varianti del coronavirus contemporaneamente: i rischi della co-infezione
In Brasile sono stati identificati due pazienti contagiati contemporaneamente da due ceppi distinti del coronavirus SARS-CoV-2, ovvero caratterizzati un patrimonio genomico differente. Nonostante la co-infezione, i pazienti hanno sviluppato una forma lieve o moderata della COVID-19 (l'infezione provocata dal patogeno emerso in Cina) e non hanno avuto bisogno del ricovero. Entrambi hanno recuperato e ora stanno bene. La possibilità di essere infettati da due lignaggi diversi nello stesso momento determina il rischio della ricombinazione, che può sfociare nella nascita di nuove varianti pericolose, potenzialmente più trasmissibili, letali e con una ridotta sensibilità agli anticorpi, come alcune di quelle già identificate.
A descrivere il caso dei due pazienti contagiati dai due ceppi di coronavirus sono stati gli scienziati del Laboratorio di bioinformatica (Labinfo) presso il Laboratorio Nazionale per l'Informatica Scientifica (LNCC) di Petropolis e del Laboratorio di microbiologia dell'Università di Feevale, tutti riuniti sotto l'egida del RedeVirus MCTI, un avanzato programma di ricerca brasiliano. Gli scienziati, coordinati dal professor Fernando Spilki, virologo e direttore del laboratorio di Novo Hamburgo, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver sequenziato i genomi virali estratti da un centinaio di pazienti COVID residenti nel Rio Grande do Sul, stato federato nel Brasile meridionale. Avevano un'età compresa tra i 14 e gli 80 anni ed erano metà uomini e metà donne.
Come specificato, nei campioni biologici di due di essi, raccolti nel mese di novembre, il professor Spilki e i colleghi hanno identificato l'infezione contemporanea dei due lignaggi di SARS-CoV-2. I due pazienti, entrambi sulla trentina, sono stati contagiati dalla variante brasiliana “P.2” del patogeno (conosciuta anche come lignaggio B.1.1.28) e da un altro ceppo. Come indicato, hanno sperimentato sintomi lievi; in un caso solo tosse secca, nel secondo tosse secca, mal di gola e mal di testa. In base a quanto indicato dagli scienziati, si tratterebbe dei primi casi identificati in assoluto di co-infezione da SARS-CoV-2. Essendone stati trovati due in un campione di pazienti piuttosto limitato, tuttavia, Spilki e colleghi ritengono che il fenomeno non sia così inconsueto. Fortunatamente è raro il processo di ricombinazione tra i due genomi virali, che come indicato possono far nascere nuove varianti. “Queste co-infezioni possono generare ricombinazioni e dar vita a nuove varianti anche più rapidamente di quanto non stia accadendo”, ha dichiarato il professor Spilki alla Reuters. “Si tratterebbe di un altro percorso evolutivo per il virus”, ha aggiunto lo scienziato.
Come specificato al Mail online dal professor Julian Tang, docente di Scienze respiratorie presso l'Università di Leicester, “non è raro” che due ceppi di un virus possano infettare contemporaneamente una persona, dunque non si è detto stupito dei risultati emersi dalla ricerca brasiliana. “È perfettamente possibile che un bambino che frequenta una scuola elementare venga infettato da una variante di COVID-19 e che un fratello maggiore della scuola secondaria possa essere infettato da una diversa variante di COVID-19, e che entrambi possano portare i loro virus a casa, infettarsi a vicenda e infettare i genitori con entrambe le varianti”, ha sottolineato l'esperto. Affinché ciò avvenga, spiega il professor Spilki, è tuttavia necessaria un'elevata carica virale.
Durante l'indagine genomica gli scienziati brasiliani hanno identificato anche una nuova variante del patogeno, che hanno chiamato VUI-NP13L. Ci vorrà comunque del tempo prima di determinarne le caratteristiche. È stata inoltre osservata la diffusione della mutazione E484K sulla proteina S o Spike del coronavirus, osservata anche nella variante sudafricana e identificata anche in alcuni casi di quella inglese. Questa mutazione preoccupa gli esperti poiché in grado di eludere lo scudo immunitario offerto da precedenti infezioni e di ridurre l'efficacia dei vaccini. “Ciò è preoccupante, poiché è noto che questa mutazione può essere associata alla ridotta sensibilità agli anticorpi formati contro altri ceppi del virus. È un'ulteriore prova che questi nuovi ceppi possono causare problemi anche a persone che hanno già una precedente immunità contro il SARS-CoV-2”, ha dichiarato il professor Spilki. I dettagli della ricerca “Pervasive transmission of E484K and emergence of VUI-NP13L with evidence of SARS-CoV-2 co-infection events by two different lineages in Rio Grande do Sul, Brazil” sono disponibili nel database online MedrXiv, in attesa di pubblicazione su una rivista scientifica.