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Patologie psichiatriche gravi presto curabili con una terapia laser

Possibile curare il 69 per cento dei pazienti affetti da disordine ossessivo compulsivo. Nei prossimi mesi via ai test sui primi volontari sofferenti di depressione.
A cura di R. Z.
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A metà del 20esimo secolo, per “curare” le persone affette da gravi patologie mentali come la schizofrenia, la depressione, la psicosi maniaco-depressiva o i disturbi derivati dall'ansia i medici si affidavano alla lobotomia, un intervento di neurochirurgia che consisteva nel recidere le connessioni della corteccia prefrontale dell'encefalo e che spesso portava ad un cambiamento radicale della personalità del paziente. Dal 1960 tale procedura, invasiva e di fatto inefficace, venne abbandonata. Oggi, grazie agli importanti passi compiuti nella psichiatria, i neuroscienziati hanno individuato una nuova e a quanto pare efficace terapia laser, più precisa e meno distruttiva della vecchia lobotomia.

Una procedura mini invasiva ma che funziona nel 69% dei casi. La procedura si chiama “anterior cingulotomy” e, al momento, viene usata soltanto per trattare gli stati di disordine ossessivo compulsivo. Il chirurgo deve effettuare un piccolo foro nel cranio del paziente e, con una micro sonda, raggiungere la corteccia cingolata anteriore. Attraverso uno speciale laser il medico brucia degli specifici neuroni e poi cicatrizza le lesioni.

Presto sarà testato per curare la depressione. Per trattare la OCD esistono molteplici terapie, la più diffusa è quella che si basa sull’uso di psicofarmaci. Questi, tuttavia, risultano efficaci soltanto nel 30-60 per cento dei pazienti. Un altro sistema prevede l’impianto di uno stimolatore cerebrale che, tramite elettrodi, regola l’attività elettrica del cervello. Si tratta in questo caso di un sistema abbastanza efficace ma estremamente invasivo. Inoltre, evidenziano i sostenitori della nuova cura basata sul laser, i dispositivi che vanno impiantati, sebbene risultano esser resistenti, necessitano di manutenzione periodica. La U S Food and Drug Administration (FDA) sta testando la nuova metodologia sui pazienti e, al momento, ha accertato si raggiunga una percentuale di successo non inferiore al 69 per cento. A breve verranno effettuati dei test su pazienti affetti da depressione.

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