Patatine, arriva il “segnale rosso” per imparare a dire no
Se non fossero così irresistibili, forse non ci sarebbe bisogno di cercare di studiare tutti i metodi possibili per cercare di aiutare a dire “no” alle patatine: del resto, se è vero che alcuni cibi grassi agiscono sul nostro organismo in modalità non dissimili da come sono solite fare le droghe creando una vera e propria dipendenza, un modo per “liberarsi” da questa sorta di assuefazione dovrà pur esserci. Ed è proprio quello che sostiene di aver messo a punto Brian Wanskin direttore del Food and Brand Lab della Cornell University, a capo di un gruppo di ricercatori che ha testato la possibilità di ricorrere al segnale visivo e al potere che questo può avere sulla mente dell'uomo, anche per dissuaderlo dal fascino del junk food.
L'esperimento – Se non bastano le campagne contro l'obesità, se non è sufficiente neanche l'ipotesi di tassare alcuni tra i più nocivi alimenti in commercio, l'ultima speranza viene riposta nei segnali che il nostro cervello può recepire indirettamente ed interpretare come sollecitazioni a “staccarsi” dal cibo: sfruttando questa idea, il gruppo di Brian Wansink ha organizzato un esperimento, i cui dettagli sono riportati su Health Psychology. Dopo aver selezionato 98 studenti, sono state condotte due ricerche diverse all'interno delle quali a ciascun ragazzo è stato consegnato un tubo di patatine con l'invito a consumarlo in classe guardando un film: nel primo caso, una metà dei ragazzi aveva ricevuto confezioni con delle patatine rosse commestibili inserite ogni 7 o 14 pezzi, nel secondo caso le patatine erano ogni 5 o 10 pezzi. Nello studio numero uno, i volontari avevano mangiato una media di 20/24 patatine, contro le 45 del gruppo di controllo; nel secondo la media è stata di 14/16 comparata alle 35 del gruppo di controllo.
Le conclusioni – Quello che è stato evidenziato da Brian Wansink è stato non solo come, in entrambi gli studi, i ragazzi siano riusciti a fermarsi grazie all'introduzione di un semplice segnale visivo, ma anche come questo li abbia aiutati a valutare correttamente la quantità di patatine mangiate, a differenza di quanto accaduto con i due gruppi di controllo che ha sottostimato il consumo di 13 pezzi mediamente. La conclusione è stata, dunque, che una segmentazione dello snack potrebbe forse aiutare nel padroneggiare il fortissimo impulso a mangiare senza sosta: questo accadrebbe perché in primo luogo il segnale attirerebbe l'attenzione a mo' di monito, sollecitando la mente a porre un freno all'ingordigia. Inoltre l'idea della piccola porzione può costituire un suggerimento per il consumo per molte persone; infine l'introduzione di una pausa "visiva", sortirebbe l'effetto di interrompere quella sequenza irrefrenabile, terminata la quale non si sa più bene neanche quante patatine sono finite nello stomaco. Deduzioni un po' troppo ottimistiche? Certamente, gli studiosi al seguito di Wansink dovranno ancora effettivamente verificare se la loro idea possa dirsi realmente funzionale o se, superata la sorpresa, ci si abituerebbe rapidamente a mangiare senza troppa attenzione anche le patatine rosse, ugualmente irresistibili.