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Pando, un gigantesco organismo di 80mila anni, rischia di morire a causa dell’uomo

Ricercatori dell’Università Statale dello Utah hanno dimostrato che l’antichissimo e gigantesco Pando non riesce più a rigenerarsi da 40 anni. Si tratta di una foresta di pioppi tremuli americani con un corredo genetico unico; sono tutti cloni generati da un organismo sotterraneo di 80mila anni che si estende per oltre 40 ettari.
A cura di Andrea Centini
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Credit: Intermountain Forest Service, USDA
Credit: Intermountain Forest Service, USDA

Pando, uno degli organismi più grandi, antichi e affascinanti del nostro pianeta, da circa 40 anni non riesce più a rigenerarsi a causa delle attività umane, che alterando gli equilibri dell'ecosistema in cui vive ne stanno mettendo in serio pericolo la sopravvivenza. Lo hanno scoperto due studiosi del Wildland Resources Department and Ecology Center presso l'Università Statale dello Utah, che hanno condotto un'approfondita analisi servendosi anche di documenti storici e fotografie aeree.

Ma cos'è Pando? Si tratta di una foresta, ma non di una qualsiasi, dato che è figlia di un unico, enorme individuo. Gli alberi di cui è composta, i pioppi tremuli americani (Populus tremuloides), sono infatti tutti geneticamente identici fra loro, e appartengono a un gigantesco sistema radicale sotterraneo con un'età stimata di 80mila anni. Pando, conosciuto anche come “Gigante Tremante”, vive nel cuore della foresta nazionale di Fishlake, nello stato dello Utah (Stati Uniti), ed è formato da ben 47mila alberi, “sbocciati” dai cosiddetti polloni del sistema radicale sotterraneo. Si tratta del più pesante organismo della Terra, dato che supera le seimila tonnellate, ma non è il più esteso. Occupa infatti un'area di 43 ettari, simile a quella di un gigantesco fungo di Armillaria gallica ma sensibilmente inferiore al basidiomicete Armillaria ostoyae delle Montagne Blu dell'Oregon, che si estende per ben 900 ettari.

Credit: Rogers, McAvoy / PLOS One
Credit: Rogers, McAvoy / PLOS One

Nonostante la sua maestosità, Pando è seriamente minacciato, come hanno dimostrato Paul C. Rogers e Darren J. McAvoy. Tra i principali responsabili della sua mancata ricrescita – in pratica da decenni i giovani alberelli non riescono a rimpiazzare quelli morti – vi è un'enorme pressione da parte dei cervi mulo (Odocoileus hemionus) e altri bovini, che nell'area sono cresciuti a dismisura perché l'uomo ne ha sterminato i predatori naturali, lupi e orsi. Riproducendosi senza freni, sono diventati così tanti che non permettono ai piccoli arbusti in crescita di maturare. Se ciò non bastasse, le foto aeree degli ultimi 70 anni dimostrano una progressiva invasione umana dell'ecosistema, con la comparsa di strade super trafficate, campeggi e case.

Per tutelare Pando in passato era stata costruita una recinzione atta a impedire l'accesso agli ungulati, ma era solo parziale soprattutto fatta male, dato che cervi e bovini avevano trovato il modo per scavalcarla e raggiungere i prelibati alberelli. I due autori dello studio ritengono necessaria la costruzione di una recinzione completa e molto più massiccia intorno a Pando, inoltre hanno avanzato l'estrema e controersa idea di far accedere cacciatori professionisti selezionati nell'area, per ridurre il numero di cervi. L'area è infatti protetta e non aperta alla caccia, una soluzione troppo tardiva, visto che quando è stata presa erano stati già sterminati tutti carnivori che avrebbero mantenuto la foresta in equilibrio. I dettagli sulle preoccupanti condizioni di Pando sono stati pubblicati sulla rivista scientifica PloS ONE.

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