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Otzi soffriva di mal di stomaco?

Nel contenuto dello stomaco della mummia del Similaun, i ricercatori dell’EURAC hanno individuato tracce dell’Helicobacter pylori, batterio che può essere all’origine di gastriti ed ulcere.
A cura di Nadia Vitali
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Ci sembra ormai di conoscerlo alla perfezione: eppure Ötzi – l'uomo vissuto nell'Età del rame e i cui resti magnificamente conservati sono stati rinvenuti nel 1991 in un ghiacciaio sulle Alpi Venoste – continua a riservare nuove sorprese agli scienziati che lavorano sulla sua mummia del Similaun. Dopo anni di studi e lavori, infatti, pare che ancora non si sia cessato di svelarne i segreti.

Ötzi con l'ulcera e la gastrite?

L'ultima scoperta, proveniente dal gruppo di ricerca internazionale che lavora con il paleopatologo Albert Zink e il microbiologo Frank Maixner dell'European Academy (EURAC) di Bolzano, riguarda un batterio, le cui tracce sono state rinvenute nello stomaco dell'uomo: si tratta dell'Helicobacter pylori, oggi presente in circa metà della popolazione mondiale. Adesso, grazie ad Ötzi, sappiamo che la storia della convivenza dell'essere umano con questo microrganismo potrebbe essere iniziata in un'età estremamente remota.

Normalmente, un decimo delle persone infettate dall'Helicobacter sviluppano complicazioni, come ulcere e gastriti, soprattutto in età avanzata: per quanto riguarda Ötzi, spiegano i ricercatori, possiamo limitarci ad affermare che c'erano le precondizioni ma non si può affermare con certezza che avesse i sintomi di qualche disturbo gastrico dal momento che i tessuti del suo stomaco, gli unici che avrebbero potuto fornire qualche traccia in merito, non sono sopravvissuti ai cinque millenni e più di ibernazione della mummia.

Sulle tracce del batterio

In effetti, gli stessi ricercatori erano piuttosto scettici rispetto alla possibilità di trovare le prove della presenza dell'Helicobacter pylori, proprio a causa della distruzione della mucosa gastrica. E invece il problema è stato risolto estraendo l'intero DNA del contenuto dello stomaco e isolando così le sequenze genetiche del batterio, ricostruendo così un genoma vecchio di 5.300 anni. Non solo: gli scienziati hanno anche individuato precisi marcatori proteici, oggi riscontrabili nelle persone con Helicobacter, che mostrano che il sistema immunitario di Ötzi aveva già reagito all'infezione.

Storia (e geografia) dell'Helicobacter

Ma c'è un altro dato che ha sorpreso gli studiosi e riguarda la natura stessa del batterio: il ceppo di Helicobacter individuato in Ötzi non è il medesimo diffuso tra gli europei contemporanei ma somiglia maggiormente a quelli osservabili oggi in Asia centro-meridionale. Finora gli scienziati ritenevano che esistessero due ceppi originari del batterio, uno africano ed uno asiatico, che a un certo punto si sono combinati nella versione europea moderna; e poiché il batterio si diffonde anche per via familiare, la storia della popolazione mondiale appare strettamente correlata a quella di Helicobacter.

L'idea era che gli uomini del Neolitico dovessero già convivere con il ceppo europeo del batterio all'epoca in cui operarono la transizione che li portò dalla vita nomade di cacciatori-raccoglitori a quella stabile di agricoltori. Il lavoro su Ötzi ha dimostrato che le cose non stanno così e che, evidentemente, la storia degli insediamenti europei deve essere ancor più complicata di quanto ipotizzato, hanno concluso i ricercatori. E tutto grazie al DNA di un microrganismo conservato in quest'uomo delle meraviglie.

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