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OMS contro Big Pharma: nessun vaccino contro l’ebola perché non porta soldi

La direttrice generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità Margaret Chan punta il dito contro l’industria del farmaco, colpevole di aver seguito solo la logica del mercato.
A cura di Redazione Scienze
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Parole dure (e veritiere) quelle del direttore generale della World Health Organization, Margaret Chan, la quale in occasione di un incontro tenutosi a Cotonou, in Benin, ha puntato il dito contro l'industria farmaceutica mondiale, colpevole di aver fallito nello sviluppo di un vaccino in grado di proteggere dal virus dell'ebola durante i quasi quarant'anni trascorsi dalla sua scoperta, avvenuta nel 1976 nella ex Repubblica dello Zaire.

Gli appelli ignorati dell'OMS

Più che di una sconfitta scientifica e medica, si è trattato di una precisa volontà condizionata dalle leggi del mercato: la stessa Chan, infatti, ha sottolineato come, almeno in parte, tale assenza del vaccino ad oggi sia imputabile al fatto che l'ebola sia stato storicamente confinato in regioni africane caratterizzate da forte povertà e miseria. Insomma, senza mezzi termini, l'OMS ha ricordato come Big Pharma si sia consapevolmente disinteressata alla questione ebola fino a quando questa non è approdata improvvisamente in Paesi non africani, primo tra tutti gli Stati Uniti: un'opinione tristemente condivisibile e che si riflette perfettamente anche nell'atteggiamento adottato durante i primi mesi di diffusione dell'epidemia, quando Medici Senza Frontiere e altre organizzazioni sul territorio si sono ritrovate a fronteggiare la crisi epidemica in Africa Occidentale quasi da sole, visto che la stessa OMS aveva evidentemente sottovalutato gli esiti di quello che sarebbe diventato un vero e proprio «disastro biologico». Insomma, ricerca e sviluppo hanno scelto di sottostare alla legge del profitto, non investendo in mercati che potrebbero essere non in grado di pagare o, quanto meno, sui quali non sarebbe possibile speculare.

Margaret Chan ha inoltre ricordato come la stessa epidemia che ancora sta colpendo Liberia, Sierra Leone e Guinea si sia diffusa con tanta rapidità e violenza anche perché gli appelli da parte dell'OMS per investire sui sistemi sanitari di regioni sottosviluppate sono stati sempre ignorati: i tre Paesi, infatti, si sono ritrovati a fronteggiare un virus poco conosciuto, che causa infezioni molto aggressive, con delle infrastrutture pubbliche di livello basso e personale sanitario poco formato.

I discorsi della World Health Organzation per decadi sono stati ascoltati da orecchie sorde e ora tutto il mondo può vederne le conseguenze, ogni giorno, nel notiziario dell'ora di punta.

Quarant'anni di ebola

Forse per molti il virus ebola è diventato famoso soltanto negli ultimi mesi, quando l'epidemia dell'Africa Occidentale ha raggiunto le sue punte più drammatiche, arrivando in parte a minacciare anche il trasporto aereo; eppure la sua "scoperta" da parte del mondo scientifico risale all'estate del lontano 1976 nel corso di due epidemie verificatesi in Sudan e in Congo. Da allora diversi sono stati i cicli di malattia abbattutisi principalmente sul Congo ma anche nell'Uganda: nell'area colpita quest'anno, invece, non si erano mai verificate crisi in precedenza (quanto meno di cui si abbia notizia e testimonianza), fatto che ha contribuito a cogliere di sorpresa il personale ospedaliero dei tre Paesi coinvolti. In ogni caso, con i contagi che hanno superato le 13.000 unità e gli oltre 4.000 decessi registrati, l'ultima epidemia è decisamente la più grave mai verificatasi. E per il vaccino bisognerà aspettare comunque il 2015: difficile essere fiduciosi nel frattempo.

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