Oltre cento nuovi pianeti individuati da Kepler
Un gruppo internazionale di astronomi ha scoperto e confermato la presenza di un tesoro di nuovi mondi ancora tutti da conoscere ed esplorare: merito, ancora una volta, del telescopio NASA Kepler al lavoro con la sua missione K2 che ha ridisegnato obiettivi e strategie del cacciatore di esopianeti, ridandogli sostanzialmente nuova vita. Tra i candidati iniziali, 197, gli scienziati hanno confermato la presenza di 104 nuovi pianeti esterni al Sistema Solare: quattro di essi potrebbero essere rocciosi. I dettagli della scoperta sono stati pubblicati on line nell'Astrophysical Journal Supplement Series.
Kepler e K2
La collezione di Kepler si arricchisce così di nuove meraviglie che vanno ad aggiungersi alle centinaia già individuate, probabilmente solo una piccola parte dei miliardi di esopianeti che popolano la nostra galassia. I ricercatori hanno potuto raggiungere questo straordinario risultato combinando i dati raccolti, con un attento follow up, da telescopi terrestri come il North Gemini e il Keck Observatory, entrambi alle Hawaii, nonché l'Automated Planet Finder dell'università della California e il Large Binocular Telescope, progetto a partecipazione italiana gestito dall'Università dell'Arizona.
Sia Kepler sia la sua missione K2 lavorano sfruttando il debole affievolimento nella luce delle stelle causato dal passaggio di un esopianeta dinanzi alla propria stella madre. Quello che però è cambiato nel 2013, quando è iniziata la seconda stagione del telescopio spaziale, è stato il fatto che Kepler ha perso la sua abilità di concentrarsi esclusivamente su una piccola porzione di cielo dell'emisfero settentrionale, cercando solo lì pianeti simili alla Terra in orbita attorno a stelle simili al Sole. K2 ha, così, potuto ampliare il proprio terreno di ricerca nello spazio, iniziando però una necessaria collaborazione con alcuni telescopi terrestri che si preoccupano di delineare le caratteristiche degli oggetti individuati.
Pianeti abitabili?
E torniamo agli esopianeti rocciosi, quelli che interessano molto gli scienziati e moltissimo i “non addetti ai lavori” perché sono proprio quelli sui quali si può immaginare che sia possibile la vita. I quattro oggetti hanno tutti un diametro compreso tra 20 e 50 volte quello terrestre ed orbitano attorno alla stella K2-72, classe M, a circa 181 anni luce di distanza da noi, in direzione della costellazione dell'Acquario. La stella madre ha taglia inferiore alla metà di quella solare ed è anche meno luminosa del nostro Sole: questo fa in modo che, nonostante l'orbita strettissima – ben più vicina di quella di Mercurio, per intenderci – la possibilità che ci siano le condizioni per la nascita della vita in condizioni del genere non possa essere esclusa, secondo quanto spiegato da Ian Crossfield del Lunar and Planetary Laboratory dell'università dell'Arizona, principale autore dello studio.