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Obesità o eccesso di peso in gravidanza aumentano il rischio di malformazioni cerebrali nel bambino

Secondo un nuovo studio pubblicato sul Journal of Child Psychology and Psychiatry, le due condizioni possono interferire con lo sviluppo neuronale del nascituro, con implicazioni sulla capacità di cognizione e la salute mentale del bambino.
A cura di Valeria Aiello
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Credit: DigitalMaarketingAgency
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L’obesità o l’eccesso di peso in gravidanza possono interferire con lo sviluppo neuronale del nascituro già dal secondo trimestre di gestazione. È quanto indica un nuovo studio pubblicato sul Journal of Child Psychology and Psychiatry dai ricercatori della Grossman School of Medicine dell’Università di New York che hanno osservato una relazione tra l’indice di massa corporea (BMI) della madre e i cambiamenti in due regioni cerebrali del feto, la corteccia prefrontale e l’insula anteriore, entrambe coinvolte nei processi decisionali e, in generale, nel controllo del comportamento. Precedenti studi hanno già dimostrato che interruzioni o malformazioni in queste due regioni sono collegate a disturbi da deficit dell’attenzione e iperattività, ad autismo e all’eccessivo consumo di cibo, ma la nuova indagine è la prima a determinare i cambiamenti nell’attività neuronale nel feto.

Un approccio, ha affermato la professoressa Moriah Thomason che, insieme ai colleghi, ha portato avanti la ricerca, progettato per eliminare la potenziale influenza dell’allattamento al seno e altri fattori ambientali che si verificano dopo la nascita e identificare le conseguenze determinate dall’indice di massa corporea sul cervello del bambino in via di sviluppo. “I nostri risultati – ha dichiarato in una nota – indicano che l’obesità della madre può svolgere un ruolo nello sviluppo cerebrale del feto e spiegare l’insorgenza di alcuni problemi di salute cognitiva e metabolica osservati nei bambini nati da madri con un indice di massa corporea più elevato”.

Per l’indagine, il team di ricerca ha arruolato 109 donne con un BMI compreso tra 25 e 47 – classificate dunque sovrappeso (BMI tra 25 e 30) e obese (BMI > 30) – , tutte incita tra i sei e nove mesi, misurando l’attività cerebrale del feto mediante imaging a risonanza magnetica (MRI). Il confronto tra queste scansioni ha permesso di individuare le differenze dell’attività cerebrale in specifiche regioni del cervello e identificare diversi profili in base al BMI della madre. “Differenze nel modo in cui i neuroni comunicano tra loro sono state localizzate nelle regioni cerebrali che supporteranno la regolazione del comportamento e i processi integrativi e generalmente associate a deficit legati all’obesità – spiegano i ricercatori – . Stabilendo l’insorgenza di tali differenze prima della nascita, lo studio supporta un modello per cui il rischio correlato all’indice di massa corporea della madre è associato all’organizzazione cerebrale nel feto, con implicazioni sullo sviluppo cognitivo a lungo termine e sulla salute mentale del bambino”.

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