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Nuova cura per l’Alzheimer da farmaco anti-Parkinson

La rotigotina, un antagonista della dopamina usato nel trattamento del morbo di Parkinson, ha mostrato effetti positivi sulle funzioni cognitive in 94 pazienti con malattia di Alzheimer.
A cura di Valeria Aiello
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Un trial clinico, svolto presso l'IRCCS Santa Lucia di Roma e finanziato dall’Alzheimer Drug Discovery Foundation (ADDF), ha individuato gli effetti positivi della rotigotina, un farmaco agonista della dopamina usato per il morbo di Parkinson, sulle funzioni cognitive nei pazienti con malattia di Alzheimer lieve o moderata. I risultati, pubblicati sulla rivista scientifica JAMA Network Open, hanno indicato un significativo miglioramento nelle funzioni associate al lobo frontale e nelle attività della vita quotidiana.

Nuova cura per l'Alzheimer da farmaco anti-Parkinson

Lo studio (1) ha coinvolto 94 pazienti con diagnosi di malattia di Alzheimer per un periodo di trattamento di 24 settimane – 1 con aumento della dose con cerotti transdermici di rotigodina (2 mg al giorno) e 23 di mantenimento della dose con cerotti transdermici (4 mg al giorno). “Il dosaggio della rotigotina è stato raccomandato da un comitato indipendente per il monitoraggio dei dati e della sicurezza – spiega il team guidato dal professor Giacomo Koch, neurologo e Direttore del laboratorio di Neuropsicofisiologia sperimentale della Fondazione Santa Lucia, in collaborazione con il prof. Alessandro Martorana, neurologo dell'Università di Roma “Tor Vergata” – . I membri di questo comitato hanno esaminato i dati da una valutazione del rischio e hanno identificato la dose massima sicura non associata ad effetti avversi inaccettabili”.

I risultati, scrivono i ricercatori, suggeriscono che il trattamento con rotigotina possa ridurre i sintomi associati alla disfunzione cognitiva del lobo frontale, quindi ritardare la compromissione delle attività quotidiane. “La rotigotina ha migliorato le funzioni esecutive, che aiutano i pazienti in compiti cognitivi chiave, come il ragionamento, il giudizio, la memoria di lavoro e l’orientamento, e anche la loro capacità di svolgere le attività quotidiane di routine come lo shopping, la pianificazione, l’igiene personale e l'alimentazione – ha dichiarato Howard Fillit, medico e Direttore esecutivo e scientifico dell’ADDF – . Questo significa preservare la loro indipendenza più a lungo e ridurre l'onere per gli operatori sanitari”.

Per capire come la rotigotina abbia influenzato le funzioni cognitive dei pazienti con malattia di Alzheimer, sono state combinate diverse tecniche neurofisiologiche e di indagine radiologica, tra cui stimolazione magnetica transcranica e l’encefalografia. “ L’analisi neurofisiologica dei risultati dell’elettroencefalografia ha indicato un aumento dell’attività nel gruppo trattato con rotigotina ma non nel gruppo placebo, con eventi avversi che sono stati più comuni nei pazienti trattati con rotigodina, ma comunque simili a quelli osservati in altri studi su pazienti con morbo di Parkinson”.

In Italia si stima ci siano oltre 600mila persone colpite da Alzheimer, un disturbo neurocognitivo che riguarda il 60% delle diagnosi di demenza registrate nel nostro Paese. Sono invece circa 3 milioni le persone direttamente o indirettamente coinvolte nell’assistenza ai malati. “Questo studio – ha aggiunto Koch in una nota – è un importante passo avanti nel mostrare come i pazienti con malattia di Alzheimer possano trarre beneficio dalle combinazioni di farmaci che migliorano le funzioni cerebrali interagendo con diversi sistemi di neurotrasmettitori e potrebbe aprire a nuove opzioni terapeutiche per ritardare l'insorgenza della demenza di Alzheimer, incentrate sulla trasmissione dopaminergica in trattamento precoce, quando le funzioni cognitive correlate all'attività del lobo frontale e le capacità di vita quotidiana dei pazienti sono solo lievemente compromesse”.

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