Non siamo mai stati sulla Luna: 5 tesi dei complottisti sull’Apollo 11 smontate dalla scienza
L’uomo non ha camminato sulla Luna il 21 luglio 1969, le immagini che ci raccontano i primi passi dell’essere umano sul nostro satellite sono false, così come i video, le dirette TV, le conversazioni radio, le testimonianza di centinaia di persone, le missioni successive all’Apollo 11 e il materiale riportato sulla Terra. Questo evento storico è in realtà un film diretto da Stanley Kubrick per volere degli Stati Uniti e della NASA: una bellissima finzione pensata per far credere all’Unione Sovietica di averla battuta sul tempo. Insomma, la messa in scena della missione Apollo 11 e delle passeggiate lunari di Armstrong e Aldrin non è altro che una strategia mal architettata, tra l’altro. Questo è quello che pensano i complottisti che non credono a ciò che 50 anni fa segnò la storia dell’essere umano. Vediamo insieme le principali teorie dei complottisti e capiamo insieme perché, in fin dei conti, sia più plausibile l’allunaggio del 1969 che la sua finzione.
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La bandiera tesa che sventola
Partiamo con la più conosciuta. La bandiera degli Stati Uniti tesa che sventola, eppure non c’è aria. Effettivamente, un bandiera sulla Luna non potrebbe essere tesa e non dovrebbe sventolare, vista la microgravità dovrebbe restare ‘moscia’ adagiata sul palo, eppure quella posizionata dagli astronauti americani si muove e resta ‘in aria’. Secondo i complottisti questa è la dimostrazione che gli astronauti si trovano in un set pensato così male da essere pieno di spifferi: la NASA è stata così sciocca da non aver pensato che la bandiera non avrebbe dovuto sventolare. Siamo sicuri che sia così?
La realtà è ben diversa, basta osservare la bandiera per notare che a tenerla su sono due assi fissate una al terreno e una ad angolo retto per tenere disteso il drappo. Quando al movimento, è dato dai colpi che la bandiera riceve dagli astronauti mentre la posizionano.
L’impronta fasulla e ‘troppo' nitida
La forma della suola delle scarpe della tuta spaziale non corrisponde alle impronte lasciate dagli astronauti che, tra l’altro, sono troppo nitide per essere vere perché basta semplicemente andare su un spiaggia e camminare per rendersi conto che il segno lasciato è appena accennato. Insomma, secondo i complottisti, la NASA avrebbe commesso questi errori grossolani all’interno di un progetto di finzione così importante per la storia degli Stati Uniti.
Le verità, in questo caso, sono che, come facilmente visibile dalle immagini scattate sulla Luna, gli astronauti indossavano delle soprascarpe protettive e adatte alle condizioni lunari.
Quanto alla definizione dell’impronta, fotografata per analizzare la regolite, che forma il suolo lunare, va detto che si tratta di materiale polveroso con carica elettrostatica che, in condizioni di microgravità, è più ‘coeso’. La ‘coesività’ della polvere è indirettamente proporzionale alla gravità: meno gravità c’è, più la polvere è ‘coesa’: questo spiega perché sulla regolite l’impronta sia così nitida.
La ripresa dei primi passi visti da fuori
Ma se Armstrong è il primo uomo ad aver messo piede sulla Luna, com’è possibile che ci siano immagini di lui dall’esterno mentre si sposta sul suolo lunare? C’era qualcuno con una cinepresa a riprenderlo proprio come se fosse in un set? No, la spiegazione è davvero molto più semplice.
Il modulo lunare era dotato di una telecamera automatica esterna con obiettivo quadrangolare che, proprio per questa caratteristica, faceva sembrare l’astronauta più lontano di quanto non fosse.
Basta guarda una fotografia del MESA, Modular Equipment Storage Assembly, per vedere la telecamera.
Non si vedono le stelle, il cielo è un telo nero
Il cielo dietro gli astronauti è completamente nero, non si vede neanche una stella, quindi quello che vediamo è un semplice telo che fa parte della scenografia architettata dalla NASA che si è dimenticata di chiedere allo scenografo di pensare a delle finte luci per inscenare le stelle. Oppure…. Come ci dimostra la scienza, lo spazio ci appare buio, ma sulla Luna in realtà è giorno e gli astronauti sono esposti alla luce diretta del Sole e, so che ve lo state chiedendo, il cielo non è azzurro perché sulla Luna non c’è l’atmosfera. Le luce delle stelle, i punti luminosi nel cielo per intenderci, non è visibile sulla Luna in quel momento quindi proprio come non lo è in città, sulla Terra: la luce del nostro Sole è infatti più forte di quella delle stelle, così come lo è quella dei palazzi e dell’illuminazione della strada.
Il vicino orizzonte raggiunto dall’ombra è la fine del piccolo set
L’ombra del modulo lunare arriva fino all’orizzonte che è il punto in cui il telo nero che fa da fondale incontra il finto suolo lunare del set. Insomma, la NASA avrebbe affittato uno studio molto piccolo dentro cui effettuare le riprese del più grande complotto della storia.
O forse, come dimostrano altre foto scattate a distanza, la prospettiva ci ha tratti in inganno e la distanza dall’ “orizzonte” è maggiore. Attenzione, tra l’altro quello non è l’orizzonte, ma il bordo di un cratere, il Little West, documentato dagli astronauti dell’Apollo 11 e da altre missioni.
Questi sono solo 5 dei dubbi dei complottisti che, come abbiamo visto, sono facilmente smontabili.
Ma come mai abbiano iniziato a credere che l'allunaggio fosse una bufala?
I dubbi sulla missione Apollo 11 e sul primo sbarco sulla Luna nascono sin da subito dopo il 21 luglio 1969 e vengono diffusi dai giornali, anche attraverso sondaggi dai quali emerse che il 30% della popolazione americana dichiarava ‘sospetta’ la missione.
Fu poi però il libro di William Charles Kaysing del 1974 intitolato “We Never Went to the Moon – America’s 30 Billion Dollar Swindle” ha dare il via al cospirazionismo lunare. All’interno di questo testo sono infatti presenti le più celebri teorie complottiste che dimostrerebbero la falsità della missioni spaziali americane.
L’aspetto interessante è che le persone decisero di credere ad un uomo laureato in letteratura inglese che aveva lavorato fino al 1963 per la Rocketdyne, azienda che produceva motori a razzo, che non aveva alcuna competenza scientifica e tecnica, ma che dichiarava che la NASA non avesse le competenze tecnologiche per andare sulla Luna, invece che affidarsi alla scienza.
Credere che non siamo andati sulla Luna sembra essere più affascinante del suo contrario, ma un complotto del genere è scientificamente impossibile. I ricercatori della Oxford University hanno infatti sviluppato un’equazione che ci permette di capire in quanto tempo una cospirazione dovrebbe essere svelata e quante persone dovrebbe coinvolgere al massimo per non essere scoperta. Per quanto riguarda la fantomatica bufala dell’allunaggio, ci saremmo dovuti rendere conto della sua falsità in 3 anni e 8 mesi e per durare fino ad oggi avrebbe dovuto coinvolgere non più di 7 persone. Poco probabile vero?