No, l’ivermectina non provoca sterilità nell’85% degli uomini, ma non va usata per la Covid
La COVID-19, l'infezione provocata dal coronavirus SARS-CoV-2, è una nuova patologia e sin da quando ha iniziato a diffondersi medici e scienziati hanno provato a contrastarla con i farmaci che già avevano a disposizione. Uno di quelli che in test di laboratorio è risultato particolarmente efficace è l'ivermectina, un antiparassitario e antielmintico con proprietà antivirali molto utilizzato in veterinaria. Nello studio “The FDA-approved Drug Ivermectin inhibits the replication of SARS-CoV-2 in vitro” pubblicato sulla rivista scientifica Antiviral Research da scienziati australiani dell'Università Monash, ad esempio, fu dimostrato che questo farmaco è in grado di neutralizzare il patogeno pandemico in vitro in sole 48 ore. Altre indagini di laboratorio sono giunte a conclusioni analoghe, rendendo l'ivermectina uno dei potenziali farmaci anti Covid più promettenti. Peccato però che una volta testato sui pazienti contagiati si è rilevata inefficace, tanto da spingere le autorità sanitarie a non raccomandarla. Senza contare che uno degli studi che ne decantava le lodi è stato letteralmente smontato da altri esperti.
Nonostante la rapida caduta come farmaco anti Covid, i no vax e molti di coloro che abbracciano l'assurda narrazione della “dittatura sanitaria” hanno comunque continuato a promuovere l'ivermectina su internet, facendola assurgere a panacea di tutti i mali, come un medicinale poco costoso ed efficace ma "fatto fuori" per obbligarci a fare il vaccino. In pratica, l'ivermectina è stata trasformata in un vessillo dell'indeologia antivaccinista. Il risultato è stato un fiume in piena di disinformazione che ha avuto conseguenze anche serie; basti pensare che, come affermato in un'intervista alla ABCNews dalla dottoressa Julie Weber, presidente dell'Associazione americana dei centri antiveleni e direttrice del Missouri Poison Center, le chiamate di soccorso per avvelenamento da ivermectina sono aumentate di decine al giorno. In molti si sono somministrati dosi da cavallo per prevenire o curare la COVID-19, col risultato di una seria intossicazione. Ma la disinformazione sta anche dall'altro lato della barricata. In questi giorni, infatti, su molti giornali sta circolano la notizia che l'ivermectina causerebbe l'infertilità nell'85 percento degli uomini che la assumo. Anche questo è un falso, usato per demonizzare un farmaco che ha salvato la vita (e dalla cecità) un numero enorme di persone, combattendo ad esempio oncocercosi, filariosi linfatica e altre patologie parassitarie. Non è un caso nel 2015 gli scienziati Satoshi Ōmura dell'Università Kitasato di Tokyo e William Cecil Campbell del Merck Institute for Therapeutic research vinsero in parte il Premio Nobel per la Medicina proprio per la scoperta delle avermectine, da cui è derivata l'ivermectina.
Lo studio che avrebbe “dimostrato” l'infertilità causata dall'ivermectina fu pubblicato nel lontano 2011, ma come indicato è tornato in auge solo in questi giorni per il ruolo del farmaco durante la pandemia. La ricerca in questione, “Effects of Ivermectin therapy on the sperm functions of Nigerian onchocerciasis patients”, fu condotta da scienziati nigeriani del Dipartimento di Patologia Chimica dell'Ambrose Alli University Ekpoma, in stretta collaborazione con i colleghi del Dipartimento di Farmacologia e Tossicologia della Madonna University Elele e del Dipartimento di farmacologia e terapia della Abia State University. Fu pubblicata sulla rivista Scholars Research Library, nota per aver pubblicato alcuni articoli “fake” dietro pagamento, come affermato da IFLscience. In pratica, la rivista garantirebbe la pubblicazione di articoli che su altre testate scientifiche non otterrebbero mai l'autorizzazione dopo la revisione tra pari. Ci sono del resto diverse criticità intrinseche nello studio in questione. Innanzitutto mancava il gruppo di controllo, così come non erano indicati i limiti della ricerca, considerato un “brutto segno” per un lavoro medico. Un altro aspetto da non sottovalutare è che dei 385 pazienti coinvolti la maggior parte di essi è stata esclusa poiché aveva problemi di conta negli spermatozoi preesistente, pertanto l'indagine sull'ivermectina è stata condotta solo su 37 di essi. Inoltre tutti soffrivano di cecità fluviale (oncocercosi) e dunque si ritiene che non fosse l'ivermectina la fonte della sterilità osservata.
Va anche tenuto presente che il dato dell'85 percento di infertilità non è nemmeno emerso direttamente da questo studio, ma è stato citato in relazione a un'altra ricerca del 2001 della quale manca la fonte. Potrebbe essere un dato del tutto inventato. Non a caso chi ha provato a contattare gli scienziati delle università nigeriane coinvolte nella ricerca non hanno ottenuto risposte. Ma l'elemento più significativo resta quello che milioni di persone negli ultimi decenni sono state curate con l'ivermectina contro i parassiti. Se davvero l'85 percento degli uomini fosse rimasto sterile, lo sapremmo da parecchio tempo e soprattutto sarebbe pieno di ricerche a dimostrarlo. Quindi demonizzare l'ivermectina è assolutamente sbagliato, visto che nelle dosi e condizioni giuste ha aiutato, aiuta e aiuterà moltissimi pazienti. Semplicemente, non è un farmaco raccomandato per combattere la COVID-19.