No, chi ha avuto il Covid non rischia di morire se riceve il vaccino
In rete si legge di tutto. Una tendenza dilagante, che corre sui social e le applicazioni di messaggistica istantanea, supportata dalla crescita di canali di disinformazione che alimentano il disorientamento tra la gente. A farsi largo, in quelle che sono ore già particolarmente complesse per le notizie che ruotano attorno ai vaccini anti-Covid e in particolare al siero di Astrazeneca, è un messaggio che gira su Twitter, elaborato da un video diffuso su Youtube. “Se si vaccina un paziente che ha già gli anticorpi per la malattia per cui viene vaccinato, questo rischia di morire stroncato da un infarto o da un’embolia”. Nel testo non manca ovviamente la faccina sorridente a marcare la soddisfazione di chi riporta di aver scoperto “la peggiore delle reazioni che un vaccino può determinare”, un fenomeno chiamato ADE che la logica dell’autore attribuisce alla “condotta medica superficiale”.
Non esiste alcuna controindicazione
Sta di fatto però che l’ADE, acronimo di potenziamento anticorpo-dipendente, sia un fenomeno che in generale riguarda i virus e la loro capacità di legare gli anticorpi non neutralizzanti e che nessun dato clinico abbia mai associato l’ADE agli oltre duecento candidati vaccini Covid, inclusi quelli già approvati. Si tratta dunque di un fenomeno che non ha alcun nesso con i sieri attualmente utilizzati e che, tra l’altro, è stato addirittura oggetto di uno studio pubblicato lo scorso settembre su Nature Microbiology. In riferimento ai vaccini anti-Covid e alle terapie a base di anticorpi, spiegano i ricercatori, nessuno studio clinico ha segnalato questo problema.
A sgomberare il campo da possibili equivoci, anche un tweet del virologo Roberto Burioni. “Gira questa scemenza senza senso che dimostra solo una cosa: la totale ignoranza di chi l’ha scritta e di chi la diffonde” dice senza troppi giri di parole il professore dell’Università Vito-Salute San Raffaele di Milano.
L’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) indica chiaramente che “la vaccinazione non contrasta con una precedente infezione da Covid-19, anzi potenzia la sua memoria immunitaria, per cui non è utile alcun test prima della vaccinazione”. In tal senso, l’Aifa raccomanda che “le persone con pregressa infezione da SARS-CoV-2 confermata da test molecolare o antigenico, indipendentemente se con Covid-19 sintomatico o meno, siano vaccinate”, indicando che la somministrazione avvenga “con una unica dose di vaccino dopo almeno 3 mesi ma non oltre 6 mesi dal riscontro positivo di infezione” ad eccezione delle persone con immunodeficienze e coloro che vengono contagiati tra la prima e la seconda dose. Una strategia vista con favore dalla comunità scientifica e supportata da studi preliminari che indicano una risposta anticorpale tale da impedire la replicazione virale.