Neutrini: osservatorio in Antartide individua una sorgente sconosciuta
Un nuovo mistero torna a far parlare dei neutrini, le elusive particelle di massa quasi nulla che pervadono l’universo ma che, proprio a causa delle enormi difficoltà di rilevamento, fanno letteralmente impazzire gli scienziati. Per rilevare i neutrini provenienti dallo spazio, prodotti da fonti come il nostro Sole, o molto più lontane e potenti, i fisici hanno costruito negli anni osservatori sotterranei nelle zone più remote del mondo: dalle miniere abbandonate negli Stati Uniti o in Giappone alle viscere del massiccio del Gran Sasso, in Italia; dai laghi ghiacciati della Siberia fino addirittura al Polo Sud. Ed è qui, in Antartide, dove un gruppo di scienziati lavora al progetto IceCube, che qualche mese fa i rilevatori di neutrini sepolti sotto il ghiaccio hanno individuato un picco di neutrini non previsto dalle teorie e di energia superiore a quelle fino ad ora rilevate. Un mistero che viene dallo spazio profondo e su cui già stanno lavorando migliaia di fisici in tutto il mondo.
Una sorgente sconosciuta
Fino a oggi, gli unici neutrini spaziali individuati con certezza provenivano dal Sole e da una supernova situata nella Grande Nube di Magellano, oltre la Via Lattea, i cui neutrini espulsi pochi istanti prima dell’esplosione finale giunsero sulla Terra nel 1987. L’anno scorso, quasi per caso, IceCube ha rilevato due neutrini ad alta energia, circa un petaelettronvolt ciascuno (laddove di solito i neutrini hanno un’energia di decine o centinaia di teralettronvolt, un ordine di grandezza inferiore). Nel corso delle analisi per chiarire il mistero di quei due picchi, i fisici hanno scoperto con loro sorpresa che IceCube aveva rilevato altri 26 neutrini tra il 2010 e il 2012, anche se a energie più basse (circa 50 teraelettronvolt). Troppi per essere un puro caso: “Non è una fluttuazione statistica”, assicura Francis Halzen, responsabile della collaborazione IceCube. La probabilità che si tratti di un caso è di appena lo 0,004%.
Non si tratta dei più banali raggi cosmici che, quando entrano in atmosfera, producono i neutrini solitamente osservati: la loro energia è infatti superiore. Secondo i modelli finora accettati, inoltre, nell’arco di due anni si sarebbero dovuti rilevare circa 10,6 neutrini provenienti dall’atmosfera terrestre. Qui ce ne sono molti di più. Dunque, c’è qualcosa lì fuori che li ha prodotti. Con tutta probabilità, si tratta di una sorgente astrofisica molto lontana da noi. “Finora, tuttavia, non siamo riusciti a individuarla”, ammette Claudio Kepper, fisico in forze all’esperimento in Antartide, su Scientific American. Individuare l’area di provenienza dei neutrini non è facile, dato che bisogna riuscire a isolarli rispetto al rumore di fondo prodotto da tantissime altre particelle che bombardano continuamente la Terra. Per questo i rilevatori di neutrini sono costruiti sotto la superficie: a differenza della maggior parte delle particelle, i neutrini, grazie alla loro massa infinitesimale, penetrano il terreno senza difficoltà. In effetti, sono così refrattari a interagire con la materia che si stima che un neutrino potrebbe viaggiare all’interno di un muro di piombo spesso un anno luce senza entrare in contatto con gli atomi che lo compongono.
Neutrini extragalattici
L’eccitazione, tra i fisici, è comprensibile. I neutrini misteriosi potrebbero essere stati prodotti da eventi esotici come supernove, quasar ed enormi buchi neri supermassicci al centro di lontane galassie. Potrebbero essere le stesse fonti dei gamma-ray burst, o “lampi gamma”, violentissimi getti di particelle elettricamente cariche (a differenza dei neutrini) scoperti anch’essi per caso negli anni ’70. Individuare la sorgente di questi neutrini potrebbe risolvere in un colpo solo entrambi i misteri. C’è di più: i neutrini individuati da IceCube potrebbero provenire dal centro della nostra galassia, dove si ipotizza esistano enormi concentrazioni di materia oscura. I neutrini in questione potrebbero essere stati prodotti dallo scontro tra particelle di materia oscura. Se la loro origine dal centro della Via Lattea fosse confermata, si tratterebbe di un’importante prova a favore della teoria della materia oscura.
Entrato in funzione due anni fa, l’osservatorio di neutrini IceCube si trova al Polo Sud geografico, dove sorge la stazione antartica Amudsen-Scott. Opera ingegneristica di elevata complessità, a causa delle proibitive condizioni ambientali, consiste di oltre 5mila sensori sepolti a una profondità fino a due chilometri sotto il ghiaccio. Messi insieme, i sensori circondano un’area di capienza tale da poter riempire centinaia di migliaia di piscine olimpioniche. Qui, in questo “cubo di ghiaccio”, i neutrini vengono catturati e rilevati dai sensori. Oltre ai neutrini, IceCube è pensato per individuare eventuali prove della materia oscura e delle ipotetiche particelle che la compongono, le WIMP, oltre che di micro-buchi neri e conferme indirette della teoria delle stringhe.