Nella nostra galassia ci sarebbero almeno 36 civiltà aliene intelligenti, secondo uno studio
Nella nostra galassia, la Via Lattea, potrebbero esistere almeno 36 civiltà extraterrestri in grado di trasmettere comunicazioni nello spazio, esattamente come la nostra. Il motivo per cui non siamo ancora stati in grado di entrare in contatto con gli alieni, sarebbe dovuto fondamentalmente alle notevoli distanze che ci separano, ma anche alla debolezza dei segnali inviati e alla giovinezza della nostra civiltà con capacità “comunicanti”. Del resto siamo una civiltà CETI (Communicating Extra-Terrestrial Intelligent) soltanto da un centinaio di anni, tenendo presente che il primo segnale radio fu trasmesso dall'uomo nel 1895.
A calcolare il potenziale numero di civiltà extraterrestri sono stati due scienziati della Scuola di Fisica e Astronomia dell'Università di Nottingham, Regno Unito, il professor Christopher J. Conselice e l'ingegnere Tom Westby. I due ricercatori sono giunti alle loro conclusioni dopo aver messo a punto una nuova versione della famosa “equazione di Drake”, una formula matematica messa a punto dallo scienziato statunitense Frank Drake e alla base del progetto SETI (Search for Extra-Terrestrial Intelligence), ovvero alla “caccia” di forme di vita intelligenti nello spazio.
L'equazione di Drake, che stima il numero di civiltà aliene, si basa su diversi fattori: tra essi figurano il tasso di formazione di nuove stelle nella Via Lattea; le stelle con pianeti; il numero medio di pianeti che si trova nella cosiddetta “zona abitabile” della propria stella, cioè quella che garantisce la presenza di acqua allo stato liquido sulla superficie; la frazione di pianeti con forme di vita evolute, in grado di comunicare e via discorrendo. Conselice e Westby sono partiti da questa base, e aggiungendo altre caratteristiche hanno ottenuto un numero più “realistico” (ma sempre teorico) delle potenziali civiltà extraterrestri nella nostra galassia. Gli altri calcoli spaziavano del resto da 0 a miliardi. Il presupposto, naturalmente, è che la vita intelligente sorga su altri pianeti in modo non dissimile a quanto accaduto sulla Terra.
I fattori presi in considerazione dai due scienziati britannici per formulare il calcolo sono stati chiamati “Limiti Astrobiologici Copernicani”, nelle varianti deboli e forti. Per quanto concerne il modello debole, gli scienziati hanno ipotizzato che la vita intelligente possa sorgere in tutti i pianeti rocciosi posti nelle zone abitabili delle rispettive stelle, che devono avere un'età e una concentrazione di metalli paragonabili a quelle del Sole. Con questi fattori è stato stimato che possono emergere decine di miliardi di potenziali civiltà extraterrestri, ma sono cifre considerate "inattendibili" dai ricercatori, pertanto il modello è stato raffinato aggiungendo altri parametri.
Per il limite copernicano astrobiologico più forte, i parametri prevedevano una stella con concentrazione di metalli simile al Sole e il tempo di nascita di una civiltà in grado di comunicare compreso tra i 4,5 e i 5 miliardi di anni, cioè quello che ha impiegato l'uomo per originarsi sulla Terra e inviare il primo segnale radio. Tenendo presenti questi fattori e il tempo di sopravvivenza medio di una civiltà comunicante di soli cento anni, come per la nostra CETI, i due ricercatori hanno calcolato che nella Via Lattea ci sono almeno 36 civiltà extraterrestri in grado di comunicare. Ovviamente si tratta solo di un modello probabilistico e teorico, pur basandosi su parametri evolutivi più solidi rispetto ai calcoli tradizionali. "Dovrebbe esserci almeno qualche dozzina di civiltà attive nella nostra Galassia, supponendo che occorrano 5 miliardi di anni perché la vita intelligente si formi su altri pianeti, come sulla Terra. L'idea è guardare all'evoluzione, ma su scala cosmica", ha sottolineato il professor Conselice.
Il motivo principale per cui non siamo ancora entrati in contatto con almeno una di queste civiltà, è legato al fatto che la distanza media fra di esse sarebbe di ben 17mila anni luce. In cento anni il nostro primo segnale radio avrebbe percorso al massimo 125 anni luce, inoltre i nostri segnali elettromagnetici sono talmente deboli che possono essere offuscati dalla ionosfera. Insomma, non siamo facilmente rilevabili, come potrebbero non esserlo le altre civiltà. O costruiamo una sorta di amplificatore per le onde elettromagnetiche che inviamo, oppure potremmo dover ancora aspettare diverse migliaia di anni prima di poter captare segnali rilevabili, nel caso in cui queste civiltà aliene esistessero davvero. I dettagli della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata The Astrophysical Journal.