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Nel 2045 sarà possibile trasferire il nostro cervello in un ologramma

Ne è convinto Dmitry Itskov, miliardario russo che ha deciso di investire somme ingenti per ottenere l’immortalità della mente umana. E tra i supporter c’è il Dalai Lama.
A cura di Roberto Paura
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Entro il 2045 saremo capaci di trasferire la nostra mente all’interno di un avatar, un ologramma che ci permetterà di fare a meno del nostro debole corpo e vivere per sempre. Ne è convinto Dmitry Itskov, magnate dei media russo con una grande passione per la scienza e il transumanesimo, la corrente di pensiero che sostiene l’imminente “salto” dell’umanità vero un nuovo stadio dell’evoluzione grazie all’interazione con la cibernetica. Si chiama “2045 Initiative” ed è stata lanciata nel febbraio 2011 con un grande convegno tenutosi a Mosca con la partecipazione di alcune delle più grandi menti oggi in circolazione. Ma dalle belle parole Itskov vuole passare ai fatti e, sfruttando i suoi ingenti capitali, offrire all’umanità – o almeno a quella fetta che se lo può permettere – niente di meno dell’immortalità.

La road-map per il nostro avatar immortale

2045_initiative

Il progetto si divide in tre fasi. Tra il 2015 e il 2020 si realizzeranno androidi capaci di interagire con gli esseri umani attraverso un’interfaccia cervello-macchina: in questo modo sarà possibile avere già dei primi avatar robotici, estensioni fisiche della nostra volontà, da usare in compiti complessi che vanno dalla capacità di lavorare in ambienti pericolosi a quella di colonizzare lo spazio. Tra il 2020 e il 2025 sarà possibile permettere a pazienti che hanno subito gravi menomazioni, ma che possiedono ancora un cervello intatto, di “trasferire” il loro cervello in simulacri artificiali che fungeranno da sistemi di supporto vitale. Non ancora l’immortalità, perché il nostro cervello resta di tipo biologico e quindi soggetto all’inevitabile invecchiamento. Per questo, tra il 2030 e il 2035 dovremo acquisire la capacità di creare una copia virtuale del nostro cervello, non solo dal punto di vista meramente fisico – neuroni, assoni e così via – ma soprattutto dal punto di vita più complesso, ossia la mente e la coscienza. A questo punto nel 2045 saremo pronti per trasferire la nostra mente in un ologramma che replicherà la nostra coscienza e ci fornirà una copia immateriale del nostro corpo, perfezionata e soprattutto immortale.

Anche se la cosa può sembrare delirante, qualcuno ci crede veramente. Non solo i tanti cervelloni della corte di Itskov – da Ray Kurtzweil, guru del transumanesimo, al filosofo Nick Bostrom – ma lo stesso miliardario russo che ha deciso di investire cifre ingenti nel progetto, dopo l’apertura di alcuni uffici di coordinamento qualche mese fa a San Francisco. Lo scorso maggio, Itskov ha ottenuto anche la “benedizione” del Dalai Lama, che il magnate ha incontrato nella sua residenza a Dharamsala. Il Dalai Lama ha dimostro grande interesse nel progetto soprattutto perché, al di là dell’obiettivo pratico, promette di impegnare enormi risorse nel tentativo di svelare il mistero più grande, quello della coscienza umana. “Negli ultimi anni, gli scienziati hanno iniziato a mostrare interesse riguardo la coscienza. Credo che nei prossimi decenni la scienza moderna diventerà più completa”. Secondo il Dalai Lama, infatti, il progetto potrebbe colmare quel gap a suo dire esistente oggi tra l’approccio materiale della scienza – progredito ed estremamente tecnico – e l’approccio spirituale, rimasto al palo. Insomma, dare più spazio al software, alla “mente”, piuttosto che al suo hardware, il “cervello”.

Investire nell'immortalità

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Per realizzare un obiettivo del genere, Itskov avrà come consulenti oltre 50 esperti tra neuroscienziati, biologi, fisici, informatici, filosofi, sociologi e psicologi. E ha già le idee chiare sui prossimi passi da compiere: mettere insieme tutte queste grandi menti attraverso un “hub”, una fondazione senza scopo di lucro (la Fondazione 2045), che darà vita a un centro di ricerca scientifica – nome in codice, “Immortalità” – un business incubator, dove finanziare start-up innovative impegnate nei settori di ricerca e sviluppo della “2045 Initiative”, un premio annuo e una vera e propria “Università dell’Immortalità”, sul modello della Singularity University in America che attira i pionieri del transumanesimo. Tra le altre cose, ci sarà anche un social network.

Per realizzare tutto ciò occorrono soldi. Molti, moltissimi soldi. Itskov ne ha parecchi, ma di certo non bastano. Per questo, qualche giorno fa ha inviato una lettera a tutti gli uomini più ricchi del mondo, 1226 secondo la lista di quest’anno compilata da Forbes, con una fortuna complessiva stimata in 4,6 trilioni di dollari. “Avete lavorato duro per raggiungere questi straordinari risulti, spesso compromettendo la vostra salute, la vostra longevità”, scrive Itskov nella sua lettera. “E sfortunatamente, la medicina moderna è ancora la medicina di una mortalità pari al 100%: il meglio che può fare è ritardare temporaneamente il processo di invecchiamento umano. Ma non deve essere sempre così”. Un appello, quindi, ai suoi colleghi miliardari, perché si uniscano al progetto e decidano di dedicare una parte delle loro sostanze nel più straordinario degli investimenti. “Oggi voi investite in affari che vi porteranno a guadagnare un altro miliardo. Ma avete anche la capacità di finanziare l’estensione della vostra stessa vita fino all’immortalità. La nostra civiltà è arrivata vicinissima alla realizzazione di tali tecnologie: non è fantascienza. È nel vostro potere far sì che questo obiettivo venga raggiunto nel corso della vostra vita”.

Chissà se qualcuno deciderà di aprire i cordoni della borsa e mollare a Itskov qualche miliardo per realizzare l’obiettivo. Le difficoltà non sono poche. Molti dei più eminenti scienziati (tra cui il noto fisico e matematico sir Roger Penrose) sono convinti che sia impossibile riprodurre la coscienza umana attraverso un’intelligenza artificiale. E secondo altri, anche i futuri computer quantistici non riuscirebbero a replicare con fedeltà tutti i nostri processi mentali: il cervello umano non potrebbe essere in nessun caso riprodotto “virtualmente”. E poi, come potremmo garantire che la copia virtuale del nostro cervello conservi intatti non solo i ricordi, ma la stessa consapevolezza di noi stessi? Bisognerà scoprire cosa produce la coscienza e com’è possibile replicarla, dove albergano i ricordi, cosa – in ultima analisi – fa del nostro cervello qualcosa di più di un semplice aggregato di neuroni. Ma, anche se la meta finale si rivelasse irraggiungibile, investire miliardi di euro in questi progetti potrebbe non essere inutile. Forse ci permetterà di arrivare più vicini a svelare i segreti dell’oggetto più complesso in cui ci siamo finora imbattuti nell’intero universo: il nostro cervello.

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