Narcolessia e il cervello che si ‘auto distrugge’: italiani spiegano il sonno incontrollabile
La narcolessia, un disturbo del sonno caratterizzato da un irrefrenabile desiderio di addormentarsi, è causata dalla sistematica eliminazione di un neurotrasmettitore (chiamato ipocretina o oressina) ad opera di cellule del sistema immunitario. Lo ha determinato un team di ricerca italo-svizzero guidato da studiosi italiani dell'Istituto per la ricerca in Biomedicina presso l'Università della Svizzera italiana di Bellinzona, che hanno collaborato con i colleghi dell'Ospedale universitario di Berna, del Centro per il sonno e l'epilessia – Neurocentro della Svizzera meridionale di Lugano, della Clinica Barmelweid e delle università di Zurigo e Losanna.
Gli scienziati, coordinati dai professori Claudio Bassetti e Federica Sallusto, sono giunti a questa conclusione dopo aver analizzato il sangue e il liquido cerebrospinale di 19 pazienti affetti da narcolessia, dove sono state trovate le prove del meccanismo che provoca la patologia. In parole semplici, le cellule T (linfociti T) del sistema immunitario riconoscono come dannosa l'ipocretina, un messaggero chimico legato alla regolazione del ciclo sonno-veglia e all'appetito, e uccidono/alterano direttamente o indirettamente (attraverso un processo infiammatorio) i neuroni che la producono. Le conseguenze della ‘cancellazione' di questa sostanza sono un'incontrollabile sonnolenza diurna, un vero e proprio crollo del tono muscolare in presenza di emozioni, allucinazioni e la cosiddetta paralisi del sonno.
“Grazie all'impiego di nuovi metodi sperimentali siamo riusciti a identificare i linfociti T specifici per l'ipocretina quali responsabili di questa malattia”, ha dichiarato all'ANSA la professoressa Federica Sallusto, che lavora presso la Facoltà di Scienze biomediche dell'ateneo di Bellinzona e all'Istituto di microbiologia dell'ETH di Zurigo. “Questi linfociti autoreattivi – ha aggiunto la ricercatrice italiana – possono causare un'infiammazione che porta al danno neuronale o addirittura uccidere i neuroni che producono l'ipocretina”. Conoscere questi meccanismi biologici alla base della narcolessia potrebbe portare a metodi terapeutici per prevenire la progressione del disturbo, ad esempio bloccandoli nelle prime fasi, come suggerito dalla Sallusto. I dettagli della ricerca italo-svizzera sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica Nature.