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Morire d’amore si può: per chi perde la persona che ama il tasso di mortalità aumenta del 41%

Perdere la persona che si ama può essere pericoloso per la salute: nei primi tre mesi di lutto il rischio di morte incrementa del 41% e i ricercatori ci spiegano perché.
A cura di Zeina Ayache
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I vedovi e le vedove hanno maggior probabilità di sviluppare i fattori di rischio legati alle malattie cardiovascolare e alla morte nei tre mesi successivi alla scomparsa del coniuge. Questo è quanto sostengono i ricercatori della Rice University che sulla rivista Psychoneuroendocrinology hanno pubblicato il loro studio intitolato “Spousal bereavement is associated with more pronounced ex vivo cytokine production and lower heart rate variability: Mechanisms underlying cardiovascular risk?”. Ma come è possibile?

Tutta colpa delle citochine. I ricercatori hanno rilevato che, negli individui che avevano perso il coniuge negli ultimi tre mesi, i livelli di citochine infiammatorie risultavano più alti, così come si hanno riscontrato una minore variabilità della frequenza cardiaca, nei soggetti vedovi rispetto a coloro che invece non erano in lutto. Entrambi questi elementi sono da considerarsi fattori che aumentano il rischio di morte e disturbi cardiaci: “nei primi sei mesi dopo la perdita di un coniuge, il rischio di mortalità è aumentato del 41% per le vedove e i vedovi” spiega Chris Fagundes, autore principale dello studio. “È importante sottolineare che il 53% di questo aumento del rischio è dovuto a malattie cardiovascolari Questo studio è un passo importante verso la comprensione del perché mostra come il lutto riesca a promuovere la mortalità”.

Cosa sono le citochine. Quando parliamo di citochine di riferiamo a quelle molecole proteiche che agiscono come segnali di comunicazione fra le cellule del sistema immunitario e poi verso organi e tessuti e che inducono attività come crescita e morte.

Conclusioni. Lo studio ha l'utilità di dimostrare che il lutto può avere un reale e importante impatto sulla salute del nostro cuore e per quanto scoperto potrebbe permette un domani ai medici di comprendere meglio i meccanismi biologici innescati dal lutto al fine di creare interventi psicologici e farmacologici in grado di ridurre l'incremento del rischio di morte.

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