Milioni di cellule umane cresciute nell’embrione di topo: risultato storico per la ricerca
Per la prima volta nella storia della ricerca scientifica, milioni di cellule umane mature sono state sviluppate all'interno di un organismo vivente, nello specifico in un embrione di topo. La maggior parte di quelle prodotte sono globuli rossi, ma gli scienziati hanno ottenuto anche cellule oculari e cellule del fegato (epatiche). Grazie all'innovativa procedura utilizzata, gli scienziati possono ovviare a uno dei limiti principali delle cellule umane prodotte in vitro, che evidenziano spesso un comportamento differente rispetto a quelle che crescono all'interno di un organismo vivo. Modelli murini con queste cellule potrebbero inoltre essere più efficaci per studiare la biologia dello sviluppo, malattie e persino garantire materiali e tessuti da utilizzare nel trattamento di specifiche condizioni.
A raggiungere questo traguardo è stato un team di ricerca americano guidato da scienziati dell'Università dello Stato di New York di Buffalo, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Dipartimento di Patologia e Medicina di Laboratorio e del Gene Targeting e Transgenic Shared Resource presso il Roswell Park Cancer Institute. I ricercatori, coordinati dal professor Jian Feng, docente di Biofisica e Fisiologia presso la Jacobs School of Medicine and Biomedical Sciences dell'ateneo statunitense, hanno ottenuto queste cellule dopo aver iniettato una decina di cellule staminali umane definite “naive” in una blastocisti di topo quando aveva appena 3,5 giorni. La blastocisti è una delle fasi dello sviluppo embrionale dei mammiferi, un agglomerato di cellule che si forma a pochi giorni di distanza dalla fecondazione e dopo la fase detta morula. Il risultato è stato raggiunto inibendo per breve tempo nelle cellule staminali umane pluripotenti un enzima (una protein-chinasi) chiamato mTOR e legato a processi biologici fondamentali come la regolazione, la proliferazione e alla sopravvivenza cellulare, prima dell'iniezione nella blastocisti del roditore.
Con le tecniche tradizionali si ottenevano pochissime di queste cellule, mentre grazie alla tecnica dell'ateneo di Buffalo in soli 17 giorni ne sono state ottenute milioni. Con ulteriori perfezionamenti della tecnologia, spiega il professor Feng, si potrebbero generare quantità "ancora maggiori di tipi specifici di cellule umane mature, per consentirci di creare modelli murini più efficaci per studiare malattie che colpiscono gravemente gli esseri umani, come la malaria o la COVID-19". E con così tante cellule mature, si potrebbero “generare materiali per trattare malattie croniche, come diabete o insufficienza renale, sostituendo le cellule danneggiate di un paziente con cellule o tessuti umani sani”, aggiungono gli scienziati.
Come specificato dagli stessi autori della ricerca, si tratta di un risultato preliminare le cui prospettive sono tutte da valutare, ma le potenzialità sono moltissime, considerando i limiti delle cellule umane coltivate nelle capsule di Petri o i numeri esigui ottenuti con altre tecniche in vivo. Tuttavia non vanno sottovalutati anche i risvolti etici di una simile ricerca, dato che si sfrutterebbero animali come "fabbriche" di tessuti umani, e il fatto che di base si stanno sempre usando dei roditori, che non sono naturalmente uomini. I dettagli della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Science Advances.