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Covid 19

“Malattia di Kawasaki e coronavirus, troppo allarmismo e fake news”: la situazione in Italia

A fare il punto a Fanpage.it è Rossella Massaro di ‘Rari ma Speciali ODV’, l’Associazione di riferimento sulla malattia di Kawasaki: “È una patologia che colpisce i bambini ma ha una cura. Perciò è importante riconoscere i sintomi e trattarla in tempo. Una diagnosi tardiva può portare seri problemi”.
A cura di Valeria Aiello
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Nella battaglia contro il coronavirus, i dubbi sono spesso al centro del discorso. Tante ipotesi e poche certezze ci sospendono in un limbo con cui non pensavamo di dover vivere, così come non ci aspettavamo di doverlo fare con il coronavirus. Dallo scoppio dell’epidemia, ciò che “non sappiamo” ha un peso enorme nelle nostre vite e tiene viva la tensione, spesso alimentata da informazioni snaturate e tesi non validate. Un chiaro segnale arriva dall’attenzione richiamata da una rara e pericolosa forma infiammatoria che colpisce i bambini, la malattia di Kawasaki, che negli Stati Uniti è diventata un vero e proprio allarme perché si pensa sia collegata al Covid-19. Una situazione che il governatore Andrew Cuomo ha definito “inquietante”, facendo sapere che nella sola città di New York si sono verificati una cinquantina di casi.

La preoccupazione è salita anche in Italia. “Improvvisamente hanno cominciato a scriverci e chiamarci tutti” ci racconta Rossella Massaro di “Rari ma Speciali ODV”, l’Associazione di riferimento a livello nazionale sulla Malattia di Kawasaki, che a Fanpage.it ha fornito un prezioso contributo sul contesto italiano, dando risposte chiare su quanto si sta osservando nel nostro Paese.

In tantissimi vi stanno contattando saperne di più. Che cos’è esattamente la malattia di Kawasaki? 

Comprendiamo perfettamente la preoccupazione delle famiglie, perché parliamo di una malattia rara e trovarsi in questo ciclone del coronavirus è emotivamente forte. La malattia di Kawasaki è una vasculite infantile, cioè un’infiammazione che colpisce per lo più i bambini al di sotto dei 5 anni. È una malattia che interessa i vasi sanguigni, descritta per la prima volta da un pediatra giapponese, Tomisaku Kawasaki, da cui prende appunto il nome.

Si presenta con sintomi che di solito sono febbre alta, rash cutaneo su varie parti del corpo, mani e piedi gonfi e screpolati, linfonodi del collo ingrossati, occhi rossi, e lingua e bocca arrossate, una condizione che in gergo medico si chiama lingua a fragola. A volte non sono presenti tutti i sintomi ma, febbre persistente e alcuni di questi, possono essere il campanello d’allarme della malattia. Per questo è importante consultare il proprio medico o pediatra che, se riconoscerà la malattia, indicherà i centri attrezzati per curarla.

La terapia, generalmente, consiste in un unico ciclo di immunoglobuline per via endovenosa, ma può variare a seconda della risposta del bambino e la valutazione fatta del medico, come specificato dalle Linee Guida della società italiana di Pediatria sul trattamento della malattia di Kawasaki pubblicate anche sul nostro sito www.malattiadikawasaki.it

Perché insorge? E quanti sono i casi in Italia?

Purtroppo non si conosce quale sia la causa di questa malattia. Si pensa sia dovuta alla combinazione di alcuni fattori, come la predisposizione genetica e uno o più elementi scatenanti, i cosiddetti trigger, tra cui si pensa ci possa essere anche l’infezione da patogeni della famiglia dei coronavirus. Attualmente, ci sono diversi studi in corso ma non si è ancora arrivati a una definizione. Quello che sappiamo, invece, è che da noi, in Italia, ci sono dai 250 ai 400 casi l’anno, un’incidenza che non è bassissima se consideriamo che si tratta di bambini di una fascia di età molto limitata. Riguardo al legame con il nuovo coronavirus, l’Istituto Superiore di Sanità ha chiarito che per i bambini con Covid-19 non c’è un aumento del rischio di sviluppare la Malattia di Kawasaki e viceversa.

In questi giorni è però emerso un aumento delle segnalazioni legato al Covid-19. Dove si sta osservando questo fenomeno?

L’incremento cui fa riferimento riguarda alcuni ospedali del Nord Italia, in particolare il Papa Giovanni XXIII di Bergamo, una delle città più colpite dal coronavirus. È anche vero che parliamo di una piccola minoranza di bambini con Covid-19 per cui si studierà in maniera più approfondita questa casistica e, solo dopo, sapremo se c’è stato un aumento dei casi oppure no.

Come Associazione, stiamo collaborando con l’Istituto Superiore di Sanità per la stesura di un documento su una possibile interazione tra infezione da coronavirus e sindrome di Kawasaki. Per quanto ne sappiamo, potrebbe essere una patologia molto simile alla Kawasaki che non è però Kawasaki, e questo è ciò che pensano anche molti ricercatori. Al momento, in ogni caso, i numeri totali italiani non danno particolari segnali di incremento perché, con un’incidenza che, come indicato, va dai 250 ai 400 casi l’anno, c’è una certa variabilità. Pertanto, qualche segnalazione in più potrebbe non avere un’incidenza significativa.

Mi sento anche di dire che in questi giorni c’è un po’ troppo allarmismo e, in rete, circolano molte notizie, tra cui fake news dove ci sono percentuali di malattia in aumento e quant’altro. La Kawasaki, e mi preme precisarlo, è una malattia importante ma ha una terapia. Perciò è importante riconoscerla e curarla in tempo. Una diagnosi tardiva può creare grossi problemi.

Perché? Cosa accade se non si interviene?

Se non presa in tempo, può portare allo sviluppo di aneurismi coronarici nel 5-10% dei casi, diventando quindi una patologia con un impatto importante per un bambino che, in una percentuale molto bassa di casi, può portare anche alla morte. Per questo è importante rivolgersi al proprio pediatra e, in caso, andare subito in ospedale, anche in una situazione di Covid come quella che stiamo vivendo, non solo per il sospetto di questa malattia ma per qualsiasi altro dubbio. Un ritardo nell’accesso alle strutture, nel caso della Kawasaki, può essere molto problematico.

Com’è cambiato in questo periodo il lavoro dell’Associazione?

Noi siamo nati esattamente dieci anni fa, occupandoci di due aspetti fondamentali: in primis fornire supporto alle famiglie che hanno bambini con malattia di Kawasaki, sia di tipo psicologico sia informativo. Per questo collaboriamo con l’Associazione italiana pediatri e l’Istituto Superiore di Sanità per fornire un’informazione certificata, cioè che abbia un fondamento medico. E poi offriamo anche supporto economico alle famiglie in difficoltà, ad esempio, nel caso in cui ci siano i bambini che hanno aneurismi coronarici e fanno una terapia anticoagulante, per i quali è necessario un’analisi settimanale del sangue. Anziché sottoporli a un prelievo, esistono dei dispositivi che permettono il prelevare in altro modo il campione ma che hanno un costo elevato. In alcune Regioni siamo riusciti a ottenere il rimborso di questa spesa mentre nelle altre, qualora una famiglia ne avesse bisogno, lo doniamo.

D’altra parte, da anni sosteniamo la ricerca scientifica, perché più si conosce e più si può. E questo potrà anche cambiare il futuro dei bambini che sfortunatamente incontreranno la malattia. Da anni sosteniamo la ricerca in Italia e all’estero, attraverso l’ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma e altri gruppi di studio.

Oggi la nostra attività è cresciuta improvvisamente ma, anche in questa situazione, il nostro obiettivo è cercare di dare supporto, fornendo informazioni ogni volta che riceviamo una richiesta e con l’ausilio di medici che ci aiutano. Siamo su Facebook e su Instagram, alla pagina Rari ma Speciali, e all’indirizzo e-mail info@malattiadikawasaki.it. Come detto, nel frattempo stiamo anche collaborando con l’Istituto Superiore di Sanità per definire un documento che risponda alla situazione attuale, oltre a lavorare per il futuro a un possibile registro di questa malattia. Perché più se ne sa e più si può”.

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