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L’ossigeno alla base della vita donato dal rallentamento della rotazione terrestre: com’è possibile

Analizzando il comportamento di alcune colonie batteriche che vivono nel Lago Huron di Middle Island Sinkhole e conducendo alcuni esperimenti in laboratorio, un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell’Istituto Max Planck di microbiologia marina di Brema (Germania) ha determinato che l’ossigeno che ha permesso la vita complessa ci è stato “regalato” dal rallentamento della rotazione terrestre. Ecco com’è possibile.
A cura di Andrea Centini
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Sebbene la Foresta Amazzonica venga comunemente chiamata il “polmone verde della Terra”, in realtà la stragrande maggioranza dell'ossigeno che arriva in atmosfera e che permette a noi e agli altri esseri viventi di respirare arriva dal mare e dagli oceani, prodotto da minuscole alghe unicellulari e cianobatteri. Si ritiene che fu proprio proprio l'esplosione di microorganismi fotosintetici simili a quelli odierni a determinare il Grande Evento di Ossidazione verificatosi 2,4 miliardi di anni, un processo che determinò l'immissione di grandi concentrazioni di ossigeno permettendo così lo sviluppo della vita pluricellulare e complessa. In parole semplici, senza questo evento – e quello successivo chiamato Evento di Ossigenazione Neoproterozoica verificatosi tra 550 e 800 milioni anni fa – probabilmente l'uomo e la biodiversità come la conosciamo oggi non esisterebbero. Ma dietro a questa affascinante storia si cela un altro fenomeno, di origine astronomica, in assenza del quale – verosimilmente – non si sarebbe verificata la diffusione dei preziosi cianobatteri preistorici. Stiamo parlando del rallentamento della rotazione terrestre, per la prima volta associato all'ossigenazione del pianeta.

A descrivere questo curioso legame tra la velocità di rotazione della Terra e i grandi eventi di ossigenazione è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati tedeschi dell'Istituto Max Planck di microbiologia marina di Brema, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Centro Leibniz per la ricerca marina tropicale, dell'Annis Water Resources Institute dell'Università Statale Grand Valley di Muskegon (Michigan, Stati Uniti) e del Dipartimento di Scienze della Terra e dell'Ambiente dell'Università del Michigan. Gli scienziati, coordinati dalla professoressa Judith Klatt, geomicrobiologa presso il Microsensor Group dell'istituto tedesco, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver condotto alcuni esperimenti in laboratorio e aver studiato il comportamento di alcune colonie batteriche che vivono nel Lago Huron di Middle Island Sinkhole. In parole semplici, in queste fredde acque ci sono due gruppi batterici che competono fra di essi: i cianobatteri viola che producono ossigeno attraverso la fotosintesi e microorganismi bianchi che metabolizzano lo zolfo. In base all'orario del giorno un gruppo ha la meglio sull'altro, con i batteri fotosintetici che riescono a superare gli altri soltanto quando il Sole è alto nel cielo. In pratica, durante la parte più calda del giorno, migrano verso l'alto e superano i microbi bianchi; quando la luce scende questi ultimi riprendono il "comando". Poiché i cianobatteri viola impiegano del tempo per avviare la fotosintesi e produrre ossigeno, la finestra di produzione è limitata nel tempo ed è legata alla durata del giorno.

La professoressa Klatt e colleghi ipotizzano che competizioni simili fra batteri vi fossero anche nella Terra primordiale, e che la “vittoria” dei cianobatteri fotosintetici sugli altri – con la conseguente grande immissione di ossigeno in atmosfera – sarebbe stata legata proprio al rallentamento della rotazione terrestre, che equivale a un allungamento della durata del giorno. Questo rallentamento progressivo, di appena 1,8 millisecondi al secolo, è dovuto all'attrazione gravitazionale esercitata dalla Luna che si sta lentamente allontanando dal nostro pianeta. Si ritiene che il giorno, nella prima fase dell'“infanzia” della Terra, durasse appena 6 ore; sulla base dei reperti fossili si è determinato che 1,4 miliardi di anni fa il giorno durasse invece 18 ore; mentre 70 milioni di anni fa un giorno durava circa mezz'ora in meno rispetto alle 24 ore odierne. In parole semplici, il rallentamento del pianeta e l'aumento del numero di ore di luce a disposizione dei cianobatteri fotosintetici avrebbe permesso a questi microorganismi di pompare sempre più ossigeno in atmosfera, fino a dar vita ai due grandi eventi di ossidazione di cui sopra.

Oggi l'atmosfera terrestre è composta per il 21 percento da ossigeno e sappiamo bene quanto è prezioso per la nostra vita e quella degli altri esseri viventi. “La nostra ricerca suggerisce che la velocità con cui la Terra ruota, in altre parole, la lunghezza del giorno, potrebbe aver avuto un effetto importante sul modello e sui tempi dell'ossigenazione della Terra”, ha dichiarato in un comunicato stampa il professor Gregory Dick, professore presso il Dipartimento di Scienze della Terra e Ambientali dell'ateneo americano. I dettagli della ricerca “Possible link between Earth’s rotation rate and oxygenation” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Nature Geoscience.

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