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L’olio di cocco più dannoso dell’olio di palma per l’ambiente

Un nuovo studio afferma che la produzione di olio di cocco ha un impatto fino a cinque volte più alto di altri oli vegetali. Per milione di tonnellate prodotte, minaccia l’estinzione di venti diverse specie tra animali e vegetali.
A cura di Valeria Aiello
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Sempre più spesso l’olio di cocco viene messo sullo stesso piano dell’olio di palma. E invece, avverte un gruppo di ricercatori, la sua produzione pretende un più alto tributo agli ecosistemi tropicali dove ha luogo la coltivazione. “I consumatori – scrive il gruppo di esperti di un nuovo lavoro pubblicato su Current Biologynon hanno una visione obiettiva sull’impatto ambientale delle produzioni agricole, minando così la loro capacità di prendere decisioni consapevoli”.

Erik Meijaard, professore di Scienze della conservazione e primo autore dello studio, ha esaminato insieme ai suoi colleghi come la produzione agricola di noci di cocco stia minacciando la scomparsa di più specie, rilevando un impatto ambientale fino a cinque volte più alto della produzione di qualsiasi altro olio vegetale, compreso l’olio di palma. “In molti – ha dichiarato il prof. Meijaard –  considerano i prodotti a base di cocco sani e la loro produzione relativamente innocua per l’ambiente ma, a quanto pare, dobbiamo ripensare all’impatto della coltivazione”.

L’olio di cocco più dannoso dell’olio di palma

Secondo lo studio (1), la produzione di olio di cocco mette a rischio 20 diverse specie animali e vegetali per milione di tonnellate di olio prodotto. In confronto, la produzione di olio di palma minaccia 3,8 specie, mentre la coltivazione di ulivi ne colpisce 4,1. Colture come colza e girasole hanno, al contrario, un impatto meno significativo sulla biodiversità, minacciando rispettivamente 0,04 e 0,05 specie per milione di tonnellate di olio prodotto.

L’elevato impatto ambientale della produzione di olio di cocco, spiegano i ricercatori, è dovuto alla coltivazione agricola che, in genere, avviene su piccole isole del Pacifico e in altre regioni tropicali che mantengono un fragile equilibrio per molte specie. I ricercatori ritengono che la coltivazione della noce di cocco abbia contribuito all’estinzione di più specie, come il parrocchetto dall’occhio bianco dell’Isola di Marianne, alle Seychelles, e la volpe volante dell’Ontong Java delle Isole Salomone. Tra le specie a rischio estinzione, ci sono il cervo di Balabac che vive su tre isole delle Filippine e il Sangihe tarsier, un primate che vive sull'isola indonesiana di Sangihe.

Gli autori sottolineano che l’obiettivo dello studio non è quello di aggiungere l’olio di cocco all’elenco di prodotti che i consumatori dovrebbero evitare, facendo però notare che anche l’impatto delle altre coltivazioni solleva preoccupazioni. “I consumatori devono rendersi conto che tutti i nostri prodotti agricoli, e non solo le colture tropicali, hanno impatti ambientali negativi – ha aggiunto Douglas Sheil, professore dell’Università norvegese di Scienze della vita e coautore della ricerca – . Dobbiamo fornire loro informazioni valide per guidare le loro scelte e questo richiede misure e standard che siano ugualmente applicabili ai produttori di tutto il mondo”.

(1) Meijaard E, et al. Coconut oil, conservation and the conscientious consumer. Current Biology DOI: doi.org/10.1016/j.cub.2020.05.059doi.org/10.1016/j.cub.2020.05.059

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