L’oceano ha preso fuoco due volte negli ultimi giorni: com’è possibile
Potrebbe apparire un'assurdità, ma anche il mare può prendere letteralmente fuoco. A bruciare naturalmente non è l'acqua marina, ma i composti altamente infiammabili che dal fondale o da perdite di gasdotti si fanno largo verso la superficie e si incendiano. Il fenomeno può essere sia naturale che strettamente connesso alle attività antropiche, frutto del costante prelievo di petrolio, gas e altri combustibili fossili che sono alla base dei cambiamenti climatici. Durante il processo di combustione, infatti, questi composti rilasciano nell'atmosfera anidride carbonica (CO2), il principale gas a effetto serra e motore della “febbre” del pianeta. Negli ultimi giorni si sono verificati due incidenti che hanno infiammato due tratti di mare molto distanti fra di essi; uno nel Golfo del Messico e un altro nel Mar Caspio. Le immagini del primo evento, che hanno fatto rapidamente il giro del mondo, hanno mostrato per l'ennesima volta quanto può essere distruttivo l'impatto dell'essere umano sull'ambiente naturale.
L'incidente nel Golfo del Messico si è verificano a ovest della penisola messicana dello Yucatan, a 400 metri dalla piattaforma petrolifera “Ku-Charly”, che fa parte del sito di produzione Ku Maloob Zaap gestito dalla compagnia statale Pemex. L'incendio è scoppiato in un gasdotto sottomarino a seguito di una fuga di gas. Stando a quanto dichiarato da Pemex alla Reuters, l'evento non ha provocato perdita di combustibili fossili nell'ambiente. Sarebbe stato provocato da una “tempesta elettrica e forti piogge” che hanno danneggiato la strumentazione della piattaforma e acceso il materiale infiammabile che è fuoriuscito.
L'incidente non ha provocato vittime o feriti e l'incendio è stato spento – dopo la chiusura di tutte le valvole – circa cinque ore dopo lo scoppio (alle 5:15 ora locale di venerdì 2 luglio). Le immagini tanto spettacolari quanto drammatiche sono state commentate anche dalla giovane ambientalista Greta Thunberg, che ha sottolineato come persone al potere che si definiscono ‘leader del clima' stanno continuando ad aprire "nuovi giacimenti petroliferi, oleodotti e centrali a carbone", concedendo nuove licenze petrolifere ed esplorando futuri siti di trivellazione petrolifera. “Questo è il mondo che ci stanno lasciando”, ha chiosato la giovane attivista svedese.
Il secondo incidente si è invece verificato nel Mar Caspio, innanzi alle coste dell'Azerbaigian e a pochi chilometri di distanza da un grande giacimento di gas. In questo caso si è verificata una potente esplosione, come mostrano le immagini diffuse sui social network. La causa sarebbe naturale, legata all'esplosione di un vulcano di fango di cui il Mar Caspio è ricco. Normalmente queste formazioni (sottomarine o sulle terre emerse) eruttano argilla, sostanze saline, acqua calda e diversi tipi di gas, ma quando sono prossime a giacimenti come quelli dell'Azerbaigian possono “sputare” verso la superficie anche combustibili fossili come petrolio e idrocarburi altamente infiammabili. Alcuni, come spiegato in diversi cinguettii su Twitter dal professor Mark Tingay, docente presso l'università australiana di Adelaide, possono dar vita a incendi impressionanti.
L'Azerbaigian ha numerosi vulcani di fango e non sono nuovi a eventi del genere. Essi si attivano quando l'acqua calda proveniente dal “cuore” della Terra si mescola con rocce e minerali e viene proiettata verso la superficie. Non è noto come un vulcano di fango possa prendere fuoco in modo naturale, tuttavia si ritiene che la miscela altamente infiammabili possa essere accesa dalle scintille che si generano tra le rocce che si scontrano ad altissima velocità. Si pensa che il vulcano di fango responsabile della recente esplosione sia il Makarov Bank, già protagonista di uno spettacolare incidente analogo verificatosi oltre 60 anni fa.