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Lo Stretto di Messina ha la più alta densità di rifiuti marini al mondo

Con oltre un milione di oggetti per chilometro quadrato, il braccio di mare che separa l’Italia peninsulare dalla Sicilia è l’area con la più alta concentrazione di rifiuti mai registrata nei fondali del Pianeta.
A cura di Valeria Aiello
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I rifiuti nel fondale dello Stretto di Messina / Enviromental Research Letters
I rifiuti nel fondale dello Stretto di Messina / Enviromental Research Letters
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Lo Stretto di Messina ha la più alta densità di rifiuti sottomarini al mondo. Lo indica il report pubblicato dall’Università di Barcellona sui dati raccolti nel 2018 nell’incontro scientifico promosso dal Centro comune di ricerca (JRC) della Commissione Europea e dall’Istituto tedesco Alfred Wegener (AWI). Il documento, pubblicato sulla rivista Enviromental Research Letters, indica che con oltre un milione di oggetti per chilometro quadrato in alcune aree, nel braccio di mare che separa l’Italia peninsulare dalla Sicilia è presente la più alta concentrazione di rifiuti mai registrata nei fondali del Pianeta. “La plastica è la componente dominante in mezzo a una notevole diversità di tipi di rifiuti e oggetti” scrivono gli autori dello studio che, tra l’altro, hanno documentato con alcune foto le condizioni in cui versano le profondità dello Stretto.

I rifiuti nei fondali marini del Pianeta

Lo studio fornisce una sintesi delle attuali conoscenze sui rifiuti che si trovano nei fondali marini e valuta i metodi di monitoraggio per migliorare gli studi futuri “evidenziando la necessità di comprendere la presenza, la distribuzione e le quantità al fine di fornire informazioni per misure politiche appropriate  – ha osservato Georg Hanke, responsabile scientifico dell’JRC – . Il documento mostra anche la necessità di impiegare nuove metodologie, ad esempio approcci di imaging, per coprire aree che non erano state considerate in precedenza e fornisce strumenti per consentire valutazioni quantitative come quelle nell’ambito della Direttiva Ue sulla strategia per l’ambiente marino (MSFD)”. L’analisi mostra, inoltre, che tutti i bacini oceanici contengono rifiuti e che la plastica rappresenta globalmente il 75% dei detriti marini, di cui il 62% nei fondali. Secondo gli studiosi, nei prossimi trent’anni, il volume dei rifiuti in mare potrebbe superare i tre miliardi di tonnellate. 

Distribuzione globale dei rifiuti sul fondo marino (a) dopo la valutazione con metodi diversi / Enviromental Research Letters
Distribuzione globale dei rifiuti sul fondo marino (a) dopo la valutazione con metodi diversi / Enviromental Research Letters

Tra i firmatari dell’articolo anche esperti dell’Università di Açores in Portogallo, dell’Università di Utrecht nei Paesi Bassi, dell’Istituto norvegese di ricerca marina, del Segretariato della Convenzione di Barcellona per la protezione del Mar Mediterrano, del Monterey Bay Aquarium Research Institute in California, dell’Institute for Global Change dell’Agenzia del Giappone  JAMSTEC, dell’IFREMER francese, dell’Università di Oxford e di altre istituzioni.

Nonostante gli sforzi della comunità scientifica, “l’entità dei rifiuti marini nei nostri mari e oceani non è ancora del tutto nota – ha aggiunnto Miquel Canals, capo del Consolidated Research Group on Marine Geosciences dell’Università di Barcellona e primo autore dello studio – . Le aree marine più colpite da questo problema sono i bacini senza sbocco sul mare e semichiusi, i fondali costieri, le aree marine sotto l’influenza di grandi foci di fiumi e luoghi con un’elevata attività di pesca, anche lontano dalla terraferma”. Canals ha inoltre sottolineato che “il livello di trattamento dei rifiuti nelle aree costiere è decisivo:  a meno trattamenti – o più carenti – corrispondono più rifiuti raggiungono mari e oceani, e quindi i fondali, specialmente nei Paesi in via di sviluppo”.

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