Lo spettacolo terribile di Medusa
Un nome spaventoso per un oggetto meraviglioso ed incantevole: la nebulosa della Medusa – 1.500 anni luce di distanza da noi nella Costellazione dei Gemelli – si chiama così in onore della mostruosa creatura mitologica che aveva serpenti al posto dei capelli. E proprio quei filamenti serpeggianti dei gas incandescenti che caratterizzano la nebulosa possono essere accostati idealmente alla capigliatura della Gorgone: anche se l’effetto che ne deriva è decisamente diverso.
La più dettagliata immagine di Medusa
Nota anche come Sharpless 2-274, Medusa vanta notevoli dimensioni (un’estensione di circa quattro anni luce) ma può essere molto difficile da osservare.Ma un'immagine, realizzata grazie al Very Large Telescope dell’ESO, costituisce la più dettagliata mai realizzata fino ad ora della nebulosa Medusa: la nube colorata è il frutto di una Stella al centro che ha deciso di “ritirarsi”, rilasciando i suoi strati esterni nello spazio. Un po’ quello che accadrà al nostro Sole, tra un bel po’, che alla fine diventerà un oggetto di questo tipo.
L’emissione rossastra dell’idrogeno e quella verde causata dall’ossigeno gassoso si estendono molto al di là dei limiti di questa immagine e formano una mezzaluna in cielo. A produrre tali affascinanti strutture nelle nebulose planetarie è l’espulsione di massa dalle stelle in questo stadio della loro evoluzione, cosa che avviene spesso ad intermittenza.
Alla fine del Sole
I nuclei stellari delle nebulose planetarie sono circondanti da nubi colorate di gas per decine di migliaia di anni: poi per qualche migliaio di anni il gas si disperde gradualmente nell'ambiente circostante. È questa l’ultima fase di vita di una stella come il Sole prima di terminare la vita attiva come nana bianca. Uno stadio che costituisce una frazione minuscola della durata totale dell’esistenza di una stella, nient’altro che un soffio nella vita di un uomo.
Al centro della nebulosa c’è una stella caldissima dall’accecante radiazione ultravioletta che strappa gli elettroni agli atomi del gas che si muove verso l’esterno, lasciandosi dietro il gas ionizzato. Ne derivano colori caratteristici che possono essere utilizzati per identificare gli oggetti: il bagliore verde dell’ossigeno doppiamente ionizzato aiuta a identificare le nebulose planetarie. I filtri adatti applicati possono essere utilizzati per isolare la radiazione del gas incandescente e far risaltare meglio nebulose deboli su sfondo più scuro.
La natura sfuggente di Medusa
In un primo momento quell'emissione verde era stata interpretata dagli astronomi come un nuovo elemento chiamato nebulio: solo successivamente ci si rese conto che si trattava dell’emissione a una lunghezza d’onda insolita da una forma ionizzata dell’ossigeno.
Abell 21 è uno degli altri nomi con cui viene chiamata la nebulosa Medusa (o più formalmente PN A66 21), in onore dell’astronomo George Abell che la scoprì nel 1955. Inizialmente si pensò che l’oggetto potesse essere quel che restava dell’esplosione di una supernova ma negli anni ’70 i ricercatori si resero conto che si trattava senza dubbio di una nebulosa planetaria, dopo esserne riusciti a misurare i moti e le altre proprietà del materiale presente nella nube.