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L’inquinamento atmosferico danneggia anche il cervello

Lo dimostrano i risultati di un nuovo studio che ha esaminato l’associazione tra inquinanti atmosferici e capacità cognitive: “Persino un’esposizione di poche settimane a livelli di PM 2,5 ha dimostrato di compromettere la funzione mentale”.
A cura di Valeria Aiello
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L’inquinamento atmosferico non è solo causa di alcuni tipi di tumore. Diversi studi indicano che vivere in zone con alti livelli di inquinanti ha molte conseguenze sulla salute, aumentando il rischio di infarto, asma, diabete, parto pretermine e addirittura demenza. Una nuova ricerca, la prima ad esplorare l’impatto degli inquinanti atmosferici nel breve termine, ha però rilevato che anche un’esposizione di poche settimane a più alti livelli di particolato può danneggiare il cervello, compromettendo le funzioni cognitive.

La relazione è stata osservata in risposta all’esposizione alle polveri sottili (PM 2,5) – come le particelle sprigionate da un incendio, dalla combustione per riscaldamento, dal fumo di sigaretta passivo, dalle griglie a carbone e dagli scarichi delle auto nel traffico – in un gruppo di 954 uomini (età media 69 anni) che vivono nell’area metropolitana di Boston, nel Massachusetts. La funzione mentale di queste persone è stata valutata all’inizio dello studio e più volte nei 28 giorni successivi attraverso il Mini-Mental State Examination (MMSE), un test ampiamente utilizzato per l’analisi delle abilità neuro-cognitive, e i punteggi confrontati con i livelli di inquinamento atmosferico registrati nel corso del mese.

I risultati, pubblicati nel dettaglio in uno studio su Nature Aging, hanno rivelato che alle settimane con valori medi di PM 2,5 più elevati erano costantemente associati punteggi dei test MMSE più bassi, con una probabilità più alta del 63% di totalizzare punteggi inferiori a 25 su 30 rispetto alle settimane con livelli di PM 2,5 minori. “Nonostante le normative sulle emissioni, i picchi a breve termine di inquinamento atmosferico rimangono frequenti e hanno il potenziale di nuocere alla salute, anche a livelli inferiori a quelli solitamente considerati pericolosi – ha affermato Andrea Baccarelli, professore di scienze ambientali presso la Columbia Mailman School of Public Health di New York e autore senior dello studio – . Quando l’inquinamento atmosferico diminuisce, il cervello si riprende e torna alla normalità. Tuttavia, se ripetuti, questi episodi possono determinare danni a lungo termine”.

I ricercatori hanno anche osservato che tra coloro che assumevano farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), e in particolare l’aspirina, gli effetti dell’inquinamento atmosferico sulle capacità cognitive erano ridotti, suggerendo che l’uso di questi medicinali possa mitigare l’impatto negativo degli inquinanti. Anche se non stata osservata un’associazione diretta, i FANS potrebbero moderare la neuroinfiammazione o il cambiamento del flusso sanguigno al cervello innescato dall’inalazione del particolato. “L'assunzione di aspirina o altri farmaci antinfiammatori sembra mitigare questi effetti – ha concluso Baccarelli – , sebbene siano ancora necessarie le giuste modifiche delle politiche ambientali per limitare ulteriormente l’inquinamento atmosferico”.

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