L’esposizione alle alte temperature distrugge il coronavirus in mezzo secondo
Diversi studi hanno dimostrato che il calore elevato è in grado di neutralizzare le particelle virali del coronavirus SARS-CoV-2. Ad esempio, una ricerca francese condotta dall’Unità dei Virus Emergenti dell’Università Aix-Marseille ha mostrato che il patogeno pandemico viene completamente distrutto quando sottoposto a una temperatura di 90° C per un quarto d'ora. Ora una nuova ricerca ha rilevato che in realtà serve molto meno tempo (e una temperatura più bassa) per inattivare il SARS-CoV-2; è sufficiente infatti mezzo secondo a una temperatura di 72° C. Il risultato apre le porte a metodi innovativi per contenere la diffusione del contagio, soprattutto negli ambienti chiusi.
A determinare che il patogeno responsabile della COVID-19 può essere annientato quasi immediatamente a una temperatura di 72° C è stato un team di ricerca americano guidato da scienziati del Dipartimento di Ingegneria Elettrica e Informatica dell'Università Texas A&M di College Station, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Dipartimento di patogenesi microbica e immunologia. Gli scienziati, coordinati dal professor Arum Han, per verificare la resistenza del virus hanno progettato un dispositivo peculiare. In parole semplici, si tratta di un tubo di acciaio inossidabile può essere riscaldato (con un bagno di olio) e raffreddato (con un bagno di ghiaccio) immediatamente. All'interno del tubo è possibile far scorrere una soluzione contente le particelle del coronavirus a diverse velocità.
Grazie a questo particolare sistema, il professor Han e i colleghi hanno dimostrato che quando la soluzione viene riscaldata a 72° C, il titolo del virus – ovvero la quantità di particelle virali – viene abbattuta di 100mila volte, una riduzione più che sufficiente per neutralizzarlo e impedire il contagio. Si tratta di un tempo sensibilmente inferiore a quello rilevato da indagini precedenti. “Il potenziale impatto è enorme”, ha dichiarato l'autore principale dello studio in un comunicato stampa. “Ero curioso di sapere con quali alte temperature e in quale lasso di tempo possiamo davvero inattivare il coronavirus. E se una tale strategia di neutralizzazione del coronavirus basata sulla temperatura sia efficace o meno da un punto di vista pratico. Possiamo fare qualcosa che possa mitigare la situazione con il coronavirus?”, si è chiesto il professor Han.
Il risultato dello studio permette di immaginare la realizzazione di dispositivi da integrare in sistemi di riscaldamento, ventilazione e condizionatori d'aria che potrebbero neutralizzare il virus con rapide “scariche” di calore. La strategia potrebbe decontaminare ambiente chiusi e renderli decisamente più sicuri. Tali sistemi sarebbero efficaci anche contro altri patogeni respiratori come i virus dell'influenza, che sebbene (generalmente) siano meno aggressivi del SARS-CoV-2 rappresentano un serio problema di salute pubblica. I dettagli della ricerca “Sub‐second heat inactivation of coronavirus using a betacoronavirus model” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Biotechnology and Bioengineering.