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Le più antiche orme di Homo erectus scoperte in Eritrea

La Eritrean-Italian Danakil Expedition, missione internazionale coordinata dalla Sapienza, ha scoperto antiche tracce lasciate dai nostri antenati.
A cura di Nadia Vitali
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Cranio di Homo erectus
Cranio di Homo erectus

Le impronte umane fossili sono qualcosa di estremamente raro: si ricordano le più celebri, quelle di Laetoli in Tanzania, risalenti a 3,7 milioni di anni fa; e quelle emerse a Ileret e Koobi Fora, in Kenia, in due siti datati rispettivamente a 1,5 e 1,4 milioni di anni fa. Una recente scoperta di un gruppo di ricerca coordinato dalla Sapienza di Roma, invece, riguarda impronte fossili di circa 800.000 anni d'età che sembrerebbero state impresse da antichi antenati dell'Homo Sapiens. Le orme sono venute alla luce nel sito di Aalad-Amo, nella regione di Buia, in Eritrea orientale, e sono state attribuite all'Homo erectus, unica specie di ominide che all'epoca si trovava sull'area; se tale attribuzione venisse confermata, potrebbero raccontaci molto su questo ominide.

Un piede da Homo erectus

L'Homo erectus rappresenta una delle specie più importanti della nostra storia evolutiva, poiché direttamente collegata a quegli ominidi dal cervello più grande dai quali progressivamente sarebbe derivato l'Homo sapiens. Le sue impronte presentano aspetti simili a quelle dell'uomo moderno: i dettagli delle dita dei piedi, l'arco longitudinale mediale marcato e l'alluce addotto sono caratteristiche distintive dei piedi umani, che li rendono efficienti nella deambulazione. Tali orme sono particolarmente interessanti anche perché consentono di appropriarsi di informazioni che altri tipi di reperti, come i denti, rendono più difficilmente ricavabili: statura e massa corporea ma anche andatura e velocità del passo.

Paesaggio in trasformazione

A conservare queste impronte è stato un sedimento di sabbia limosa indurita, in parte esposta ad inondazioni di acqua: di essa è stata portata alla luce una porzione di 26 metri quadrati, dove si ritrovano le tracce di diversi individui. Le tracce sono orientate in direzione nord-sud, allineate con altre lasciate da animali, presumibilmente antilopi estinte: un'abbondanza ed una diversità di tracce che, unitamente ad evidenze geologiche e fossili, dimostrerebbe che l'area doveva ospitare in passato un lago circondato da praterie, mostrando uno scenario molto diverso dal deserto che oggi domina sulla zona.

Le recenti scoperte sottolineano la necessità e l’importanza di ulteriori indagini e scavi archeologici poiché a causa della natura effimera dei sedimenti soffici, le superfici ad impronte tendono ad alterarsi ed erodersi molto rapidamente. L’area dello scavo è infatti caratterizzata da una lunga successione di strati geologici che coprono diverse centinaia di migliaia di anni e mostra caratteristiche idonee alla preservazione sia di resti scheletrici sia di superfici fossili. Durante l’ultima campagna sono emersi ulteriori frammenti fossili umani da due differenti siti, tanto che possiamo considerare di aver scoperto ad oggi un numero minimo di 5 o 6 individui nell’area. – Alfredo Coppa, paleo-antropologo della Sapienza e coordinatore delle ricerche

Un'epoca di transizione

Le impronte risalgono ad un periodo, il Pleistocene, del quale non si possedevano tracce analoghe, fino ad oggi: questo le rende molto importanti, soprattutto alla luce del fatto che sono riconducibili ad una fase di transizione dell'evoluzione umana estremamente significativa, durante la quale si sono sviluppate, a partire dall'Homo erectus, specie umane con cervelli più grandi. In generale, la documentazione fossile umana tra 1,3 e 0,5 milioni di anni fa è piuttosto scarsa e frammentaria. I fossili della regione di Buia, quindi, forniscono nuovi interessanti elementi per far luce su questo periodo, con il loro curioso mix di caratteristiche insieme antiche e moderne.

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