Le persone con disabilità intellettive hanno un rischio maggiore di morire per Covid
Le persone con disabilità intellettive e dello sviluppo (IDD) hanno un rischio significativamente superiore di morire per COVID-19 rispetto alla popolazione generale. L'impatto risulta particolarmente significativo per coloro che vivono in gruppo in case residenziali, mentre per chi vive in casa propria o in una casa famiglia tale rischio è variabile; può infatti risultare anche più basso, a seconda del contesto. Anche il rischio di contagio da coronavirus SARS-CoV-2 tra chi soffre di ritardo mentale e altre condizioni di IDD – che coinvolgono disabilità legate a linguaggio, movimento e apprendimento – risulta più elevato rispetto alla popolazione generale.
A determinare che le persone con disabilità intellettive e dello sviluppo hanno un rischio superiore di contrarre la COVID-19 e di morire per essa è stato un team di ricerca americano guidato da scienziati della Maxwell School of Citizenship and Public Affairs dell'Università di Syracuse (New York), che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Dipartimento di Medicina Fisica e Riabilitazione della SUNY Upstate Medical University e della Fondazione ebraica per case di gruppo di Rockville. Gli scienziati, coordinati dal professor Scott Landes, docente presso il Dipartimento di Sociologia e Istituto di studi sull'invecchiamento dell'ateneo statunitense, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato statisticamente i dati epidemiologici di dodici Stati americani, tra i quali Arizona, California, Louisiana, Maryland, Pennsylvania, Virginia e Washington.
Il professor Landes e i colleghi hanno analizzato i dati raccolti dall'inizio della pandemia fino al 13 aprile del 2021, confrontandoli con quelli del Center for Systems Science and Engineering dell'Università Johns Hopkins per determinare l'impatto del patogeno pandemico sulla coorte con IDD. Incrociando i dati è emerso che in California, ad esempio, i tassi di contagio tra i pazienti con disabilità mentali che vivevano in casa propria o in una casa famiglia erano più bassi rispetto a quelli della popolazione generale, tuttavia avevano un tasso di mortalità di 1,5 volte superiore. Per coloro che invece vivevano in gruppo e ricevevano servizi infermieristici, i tassi di contagio erano dalle 9 alle 13 volte più elevati e i tassi di mortalità dalle 8,3 alle 10,7 volte più elevati rispetto alla popolazione generale. Nel Maryland il tasso di mortalità per COVID-19 nei pazienti con IDD era 2,4 volte superiore rispetto alla popolazione generale, mentre nel Maryland era di 5,5 volte superiore.
In precedenza lo studio “COVID-19 outcomes among people with intellectual and developmental disability living in residential group homes in New York State” pubblicato dallo stesso team di ricerca aveva dimostrato che i tassi di mortalità erano più elevati per le persone con IDD anche nello stato di New York. “I risultati di questi studi sottolineano l'aumento del rischio di COVID-19 che le persone con IDD stanno affrontando negli Stati Uniti”, ha dichiarato in un comunicato stampa il professor Landes . “Sebbene siamo a un punto in cui sembra che le cose stiano migliorando, è importante capire che esistono ancora sfide per alcune persone con IDD. Sebbene il vaccino sia ora ufficialmente aperto a tutti gli adulti, ci sono più segnalazioni di persone con IDD che stanno avendo difficoltà a vaccinarsi”, ha aggiunto lo scienziato, sottolineando di dare priorità nelle vaccinazioni a questi pazienti particolarmente fragili. Le persone con ISS sono esposte a rischi maggiori sia per il fatto che possono aderire meno alle misure anti-contagio sia per le condizioni di salute sottostanti che spesso accompagnano l'IDD. I dettagli della ricerca “COVID-19 Case-Fatality Disparities among People with Intellectual and Developmental Disabilities: Evidence from 12 US Jurisdictions” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Disability and Health Journal.