Le onde cerebrali di un uomo paralizzato trasformate in linguaggio: è la prima (storica) volta
Grazie a una rivoluzionaria “neuroprotesi” un uomo paralizzato da oltre 15 anni e incapace di parlare in modo intelligibile ha recuperato (in parte) il linguaggio perduto. Per la prima volta nella storia della ricerca scientifica, infatti, un dispositivo elettronico è riuscito a convertire le onde cerebrali in frasi complete, che venivano trascritte sullo schermo di un computer dopo la decodifica. A differenza delle ricerche condotte fino ad oggi in questo campo, non sono stati tradotti i segnali elettrici legati al movimento del braccio o della mano per permettere la digitazione di singole lettere, una alla volta, ma sono stati sfruttati i segnali del cervello destinati a controllare i muscoli del sistema vocale che usiamo per pronunciare le parole. Questo approccio permette una comunicazione "più rapida, organica e naturale", con l'elaborazione di intere frasi.
A posizionare questa pietra miliare nella ricerca scientifica è stato una squadra di medici e ricercatori dell'Università della California di San Francisco (UCSF) guidata dal neurochirurgo Edward Chang, che da oltre dieci anni è impegnato nello sviluppo di una tecnologia che possa permettere a persone paralizzate e incapaci di parlare di tornare a comunicare. Ogni anno, infatti, migliaia di persone perdono la capacità di parlare a causa di ictus, incidenti o malattie, ma in futuro, grazie all'evoluzione della neuroprotesi, queste persone potrebbero tornare a “comunicare pienamente”.
Tutto ha avuto inizio con la ricerca su pazienti affetti da epilessia, nei quali il dottor Chang e i colleghi dell'UCSF Weill Institute for Neurosciences avevano impiantato array di elettrodi nel cervello per indagare sulle cause della loro condizione. I pazienti, con un linguaggio perfettamente normale, hanno acconsentito a far analizzare le registrazioni delle onde cerebrali associate al linguaggio, permettendo a un'intelligenza artificiale di identificare dei “modelli” legati alle parole. Il passo successivo è stato applicare quanto appreso sul paziente “BRAVO1”, un uomo di 36 anni che all'età di 20 fu colpito da un gravissimo ictus; l'evento danneggiò infatti in modo irrimediabile la connessione tra cervello, muscoli vocali e arti. L'uomo soffre di anartria, una condizione che rende difficile o impossibile articolare i suoni della voce. In altri termini, le parole espresse dal paziente non sono comprensibili.
Il professor Chang e i colleghi, in seno al progetto di ricerca “Brain-Computer Interface Restoration of Arm and Voice” (BRAVO), hanno collaborato con l'uomo per mettere a punto 50 parole fondamentali per la sua vita – come acqua, fame, famiglia etc etc – per renderle riconoscibili dagli algoritmi informatici. Dopo l'impianto chirurgico di elettrodi ad alta densità sulla corteccia motoria del linguaggio del paziente, gli scienziati hanno registrato 22 ore di attività neuronale in decine di sessioni, durante le quali BRAVO1 tentava di ripetere ciascuna delle 50 parole di cui sopra. In questo modo è stato possibile addestrare un'intelligenza artificiale a riconoscere e decodificare le onde cerebrali emesse dal paziente durante i tentativi, che successivamente sono state tradotte in parole sullo schermo di un computer. L'aspetto interessante è che il sistema, a differenza degli altri approcci, è in grado di elaborare intere frasi, seppur brevi. “Il sistema era in grado di decodificare le parole dall'attività cerebrale a una velocità massima di 18 parole al minuto, con una precisione fino al 93 percento (mediana del 75 percento)”, hanno scritto gli autori dello studio. Tutto questo anche grazie a una sorta di correttore automatico simile a quelli per scrivere sugli smartphone.
“Per quanto ne sappiamo, questa è la prima dimostrazione di successo della decodifica diretta di parole complete dall'attività cerebrale di qualcuno che è paralizzato e non può parlare”, ha dichiarato il professor Chang. “Mostra una forte promessa di ripristinare la comunicazione attingendo al meccanismo vocale naturale del cervello”, ha aggiunto lo scienziato. I dettagli della ricerca sono stati riportati in un comunicato stampa dell'ateneo di San Francisco e in un editoriale pubblicato sul The New England Journal of Medicine, la più autorevole rivista scientifica in ambito medico.