Le nubi di Giove sembrano un dipinto a olio: di cosa sono fatte e perché le studiamo
Lunedì 27 marzo alle 10:52 ora italiana la sonda della NASA Juno ha compiuto il quinto passaggio ravvicinato al pianeta Giove, raccogliendo dati scientifici con tutti e otto gli strumenti di bordo. I risultati delle analisi verranno divulgati in futuro, dato che si attendono ancora i primi articoli scientifici relativi al primo ‘flyby', tuttavia alcune informazioni sono state già annunciate dal team internazionale di astronomi. Lo scopo primario della sonda costruita dalla Lockheed Martin è quello di studiare il campo magnetico del gigante gassoso, e i ricercatori hanno scoperto che esso è decisamente più complesso di quel che si credesse. Giocherebbe un ruolo importante anche l'influenza della luna Io, che attraverso particelle scagliate nello spazio dall'attività vulcanica genera spettacolari aurore incandescenti nella turbinosa atmosfera di Giove.
“Quello eseguito stamattina è il quarto sorvolo scientifico della missione e il quinto flyby di Giove – ha sottolineato l'astronomo della NASA Scott Bolton, tra i principali coordinatori della missione – ogni volta che ci avviciniamo alle nubi gioviane impariamo qualcosa in più su questo straordinario pianeta”. Le nubi di Giove sono state immortalate dalla camera della sonda (chiamata poco fantasiosamente JunoCam) lo scorso 2 febbraio in uno scatto straordinario, catturato a 14.500 chilometri di altezza. Grazie all'intervento in postproduzione dello scienziato Roman Tkachenko è infatti possibile osservare i dettagli più affascinanti dei caratteristici vortici atmosferici e delle nubi. Esse sono composte fondamentalmente da ammoniaca, sebbene l'atmosfera di Giove sia ricca soprattutto di idrogeno ed elio. Tra gli altri composti vi sono anche acido solfidrico, metano, zolfo, ossigeno e gas nobili, che concorrono tutti a renderla particolarmente elettrica e tempestosa.
Nei prossimi mesi verranno diffuse immagini ancor più ravvicinate, considerando che il passaggio del 27 marzo è avvenuto a una quota di appena 4.400 chilometri, a una velocità di 57,8 chilometri al secondo. Tra gli strumenti di bordo attivi durante il sorvolo vi era è anche l'italiano JIRAM (Jovian Infrared Auroral Mapper), costruito dall'INAF (Istituto Nazionale di Astrofisica) e dalla società Selex-Galileo Avionica per studiare la pressione dell'atmosfera gioviana. A capo del programma scientifico di JIRAM c'era l'astrofisica italiana Angioletta Coradini, deceduta appena un mese dopo il lancio della sonda, avvenuto il 5 agosto 2011 da Cape Canaveral e giunta a destinazione nel luglio del 2016. Juno opererà nell'orbita di Giove fino al 2018.
[Foto di NASA]