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Le creme solari funzionano meno perché non sappiamo spalmarle: dimezzata la protezione

Un team di ricerca britannico del King’s College di Londra ha dimostrato che sbagliamo a metterci le creme solari, perdendo ‘per strada’ più della metà della protezione che potrebbero offrire contro i raggi UV. Per questo motivo dobbiamo acquistare prodotti con un fattore di protezione pari almeno a 30 o 50, evitando quelli a 15.
A cura di Andrea Centini
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Il metodo tipico e frettoloso con cui ci spalmiamo di crema solare riduce sensibilmente la sua protezione dai pericolosi raggi UV. In pratica, il fattore di protezione risulta essere meno della metà di quello indicato sulla confezione del prodotto; per questa ragione il suggerimento è quello di utilizzare creme solari con un fattore di protezione (SPF – Sun Protection Factor) di almeno 30 o 50, e di evitare quelle a 15.

A determinare che il limite non risiede nei prodotti ma nel modo in cui ce li spalmiamo addosso è stato un team di ricerca dell'autorevole King's College di Londra, che ha condotto alcuni esperimenti per verificare l'esatta efficacia della protezione solare. In base ai parametri dei produttori, per ottenere il valore di protezione indicato sulle confezioni, l'applicazione deve essere di 2 milligrammi di prodotto per centimetro quadrato di pelle, che equivale a circa 4 grammi per il viso e 8 grammi per una sola gamba. Quando ci mettiamo la crema solare, ovviamente, non stiamo li a pesare e misurare esattamente le quantità utilizzate, inoltre molte parti del corpo (come dietro le orecchie e il lati del collo) spesso vengono lasciate sprovviste della giusta protezione. A causa di queste imprecisioni nel dosaggio, una crema solare con fattore di protezione 50 offre al massimo il 40% della protezione prevista.

Per dimostrare la necessità di utilizzare protezioni più elevate, il professor Anthony Young e i colleghi del King's College hanno chiesto a 16 volontari di sottoporsi a bagni di raggi UV con differenti gradi di protezione (0,75 mg, 1,3 mg e 2 mg per cm2) , per simulare l'esposizione al Sole in un'unica sessione o in una completa vacanza di cinque giorni. Da piccole biopsie dei tessuti dei partecipanti è emerso che i danni al DNA sono stati molto elevati anche con una bassa dose di raggi ultravioletti; inoltre, chi per cinque giorni consecutivi si è protetto con dosi da 2 mg per centimetro quadrato ha subito un danno significativamente inferiore rispetto a chi si è esposto per una sola volta ai raggi UV ma con una bassa dose di protezione.

“Non c'è dubbio che la protezione solare fornisce una protezione importante contro il cancro causato dall'impatto dei raggi ultravioletti del sole. Tuttavia, ciò che questa ricerca mostra è che il modo in cui viene applicata la protezione solare svolge un ruolo importante nel determinare quanto sia efficace”, ha dichiarato il professor Young. “Dato che la maggior parte delle persone non applica le creme solari come nei test dei produttori, è meglio che si utilizzi un fattore di protezione molto più alto di quanto si ritiene necessario”, ha aggiunto lo studioso.

Insomma, anche se una crema con fattore di protezione 15 ben applicata offre la giusta protezione dal cancro, a causa del modo in cui la mettiamo è meglio affidarsi a quelle con 30 o più, come suggerito dalla dermatologa Nina Goad della British Association of Dermatologists. I dettagli della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Advances in Dermatology e Venereology.

[Credit: dimitrisvetsikas1969]

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