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Le cellule staminali possono davvero curare la sclerosi multipla?

I ricercatori hanno sviluppato un trattamento chiamato “trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche” che permetterebbe di curare la sclerosi multipla, unicamente nella sua forma “recidivante-remittente “, in seguito a sedute di chemioterapia e reinfusione di cellule staminali del paziente stesso.
A cura di Zeina Ayache
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È possibile utilizzare le proprie cellule staminali per curare le sclerosi multipla? Per rispondere a questa domanda, i ricercatori dello Sheffield Teaching Hospital hanno dato il via ad un nuovo studio sperimentale basato sull' “Autologous Haematopoietic Stem Cell Transplantation (AHSCT)” cioè il trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche che, ad oggi, ha permesso ad alcuni pazienti di ridurre il proprio livello di disabilità. Secondo lo studio intitolato “Association of Nonmyeloablative Hematopoietic Stem Cell Transplantation With Neurological Disability in Patients With Relapsing-Remitting Multiple Sclerosis FREE” e pubblicato su JAMA, su 123 pazienti affetti dalla forma chiamata “recidivante-remittente (SM-RR)”, l'AHSCT ha permesso, nel 64% dei casi, una riduzione della disabilità.

In cosa consiste il trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche? Si tratta di una via per resettare il sistema immunitario per far sì che smetta di attaccare il corpo stesso rimuovendo le cellule “malate” che attaccano il cervello e la spina dorsale, impedendo i movimenti al paziente. Come funziona? In prima istanza dal paziente vengono prelevati alcuni campioni di cellule staminali ematopoietiche che vengono congelate, successivamente il malato viene sottoposto a chemioterapia alla quale segue la reinfusione delle cellule staminali. Si tratta di una cura che necessita di un'unica seduta, ma che è applicabile solo ai pazienti che soffrono, come dicevamo, della forma di sclerosi multipla recidivante-remittente (SM-RR). E non solo. Come sottolinea il professor Basil Sharrack, il trattamento può essere efficace per pazienti che abbiano anche avuto due o più ricadute negli ultimi 12 mesi, sui quali le normali cure non abbia fatto effetto e che siano malati da più di 10 anni.

Per il momento sono 20 i pazienti curati con questo tipo di trattamento al Royal Hallamshire Hospital e la speranza è che presto possano essere molti di più.

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