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L’aspirina per curare l’Alzheimer e altre malattie neurodegenenative

L’aspirina potrebbe rappresentare una nuova strada per curare l’Alzheimer, questo è quanto sostengono i ricercatori che ne hanno studiato gli effetti sui topi. A permettere questo risultato sarebbe la sua capacità di eliminare il peptide che porta alla formazioni delle placche amiloidi, tipiche di questa condizione.
A cura di Zeina Ayache
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L'aspirina, se consumata a basse dosi e costantemente, potrebbe rappresentare una nuova strada per contrastare l'Alzheimer. Questo è quanto sostengono i ricercatori della Society for Neuroscience che sulla rivista JNeurosci hanno pubblicato lo studio intitolato “Aspirin induces lysosomal biogenesis and attenuates amyloid plaque pathology in a mouse model of Alzheimer's disease via peroxisome proliferator-activated receptor α”. Ma come è possibile?

Alzheimer, che succede nel cervello. Anche se attualmente non si conoscono le cause esatte della progressione dell'Alzheimer, i ricercatori ormai hanno capito che esiste una correlazione con l'accumulo di placche amiloidi che si trovno nel nostro cervello e la malattia. Studi precedenti hanno infatti dimostrato che il peptide beta amiloide, sostanza tossica che costituisce le placche, si muove all'interno del corpo dei malati portando ai sintomi come la perdita di memoria. Riuscire ad intervenire eliminando questo peptide potrebbe dunque essere una strategia per contrastare l'Alzheimer, hanno pensato i ricercatori.

Alzheimer e aspirina. Basandosi su studi precedenti, gli esperti hanno dimostrato che l'aspirina riesce a ridurre le placche amiloidi stimolando i lisosomi, che aiutano il cervello a ripulirsi dai detriti cellulari. Insomma, si potrebbe iniziare seriamente a pensare ad una terapia a base di aspirina, anche se i test attuali sono stati effettuati sui topi, quindi comunque ci sarà da aspettare per saperne di più.

Aspirina e altre malattie neurodegenerative. L'aspirina è comunque sotto l'occhio attento dei ricercatori secondo i quali, come dimostrano studi passati, sarebbe in grado di combattere in generale le malattie neurdegenerative legandosi ad un enzima, GAPDH, che ha un ruolo in queste condizioni. Nello specifico, l'acido salicilico, da cui si parte per ottenre il farmaco, riuscirebbe ad impedire all'enzima di entrare nei nuclei delle cellule che porterebbe alla morte.

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