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La vita dei più antichi ominidi, fianco a fianco con i carnivori

Uno studio della Rutgers University ha ricostruito un paesaggio dell’Africa orientale di circa 1.8 milioni di anni fa.
A cura di Nadia Vitali
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Ricostruzione di una scena di vita quotidiana presso il sito di Olduvai (M.Lopez-Herrera via The Olduvai Paleoanthropology and Paleoecology Project and Enrique Baquedano.)
Ricostruzione di una scena di vita quotidiana presso il sito di Olduvai (M.Lopez-Herrera via The Olduvai Paleoanthropology and Paleoecology Project and Enrique Baquedano.)

I nostri progenitori più antichi non dovevano vivere in uno scenario particolarmente favorevole, circa 1.8 milioni di anni fa: quegli ominidi, che apparivano come un incrocio tra scimmie antropomorfe e moderni umani, avevano accesso al cibo, all'acqua e a rifugi coperti, almeno presso la gola di Olduvai, in Tanzania. A loro disposizione c'era una gran quantità di utensili in pietra appuntiti, che potevano essere utilizzati nelle maniere più diverse. Ma questo non serviva a rendere più facile la loro esistenza perché la competizione per le risorse era elevatissima; e, soprattutto, in lotta contro gli ominidi, c'erano i carnivori.

La gola di Olduvai sotto la lente d'ingrandimento

Il professor Gail M. Ashley, della the Rutgers University, ha lavorato per diversi anni per ricostruire dettagliatamente il paesaggio del sito, raccogliendo testimonianze (campioni di suolo, piante) e studiandole attraverso le indagini sugli isotopi del carbonio. Si è trattato di un progetto complesso ed innovativo, sulla base del quale i paleoantropologi possono sviluppare idee e modelli sul modo in cui i primi ominidi vivevano, su cosa mangiavano, sulla maniera in cui si procuravano il cibo, su cosa bevevano e su quali erano i loro comportamenti.

Il sito della gola di Olduvai è noto da decenni agli studiosi: qui, nel 1959, Mary Leakey ritrovò i resti di una nuova specie, il Paranthropus boisei , e a poche decine di chilometri da qui, la stessa Leakey individuò le più antiche impronte fossili di ominidi, le "orme di Laetoli", risalenti a circa 3 milioni e mezzo di anni fa.

Gli abitanti della gola di Olduvai

Un paesaggio certamente non arido, si presentava agli occhi dei primi abitanti di queste aree: gli ominidi che lo abitarono, il già citato Paranthropus, robusto e dalla ridotta capacità cranica, e l'Homo habilis, dal cervello più sviluppato, hanno lasciato tracce di ciò attraverso le proprie ossa, grazie anche a qualche devastante evento vulcanico che ha fatto in modo che la cenere preservasse in ottime condizioni i materiali organici. Per entrambe le specie la durata media della vita non doveva andare oltre i 30 o i 40 anni, mentre l'altezza doveva essere compresa tra il metro e trenta e il metro e sessanta.

Carnivori o spazzini?

Un aspetto interessante è stato il ritrovamento di centinaia di ossa provenienti da animali come giraffe, elefanti e altri animali appartenenti alla medesima famiglia delle antilopi. Mangiati dagli ominidi in quanto prede di caccia o, più semplicemente, frutto di un lavoro di ricerca tra le carcasse dai carnivori come leoni e leopardi? Difficile a dirsi. Certamente, a giudicare dai luoghi di ritrovamento delle ossa, si può affermare che la carne veniva consumata in luoghi riparati dagli alberi, proprio per evitare la minaccia dei grandi predatori. Un altro aspetto che gli scienziati sottolineano riguarda l'importanza dell'introduzione delle proteine nella dieta, probabile origine dell'incremento nella taglia del cervello e, quindi, dell'evoluzione degli uomini.

I risultati della ricerca sono stati pubblicati dalla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences.

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