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La verdura sintetica che non ci fanno mangiare

Torna nelle pagine Facebook italiane un video inquietante dove viene denunciata la pratica di produrre sinteticamente le verdure che troviamo nei market e nei ristoranti.
A cura di Juanne Pili
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verdura sintetica

"A volte ritornano", è proprio il caso della verdura sintetica in questione. Tutto è partito l'anno scorso negli Stati Uniti, con un video tratto da una emittente coreana, la pratica in questione è molto diffusa anche in Giappone.

Il complotto della verdura sintetica. Nei video più gettonati si sostiene che la verdura sintetica sia destinata ai supermercati, il fatto che l'operazione venga svolta in modo artigianale dovrebbe farci riflettere già un po': come si potrebbe distribuire questo genere di pietanze, a costi vantaggiosi, senza una produzione industriale? Nel filmato un artigiano immerge quelli che sembrano dei liquidi colorati in una bacinella colma d'acqua, la misteriosa sostanza che ne ottiene viene poi manipolata fino a diventare un cavolo. L'uomo poi affetta la verdura, che effettivamente appare indistinguibile da una reale.

Cibo finto come decorazione nelle ristorazioni

Il problema è che le immagini del filmato sono totalmente decontestualizzate. Nei ristoranti giapponesi, come spiegava a suo tempo Snopes, frutta e verdura finta vengono utilizzate come decoro per invogliare le ordinazioni. Noi stessi abbiamo sotto gli occhi diverse forme di questa arte: soprattutto cesti di frutta in plastica o di cera, per non parlare degli immancabili fiori finti. I giapponesi vanno anche oltre, producendo ogni tipo di pietanza, come gli spaghetti, che diventano il "complotto degli spaghetti cinesi sintetici" nei siti dediti al clickbait.

Fatevi la vostra lattuga sintetica a casa. Il video presentato sui social nelle pagine italiane è una buona occasione per fare un po' di sperimentazioni dirette. L'arte del cibo finto a scopo decorativo è talmente nota che esistono anche dei tutorial in Rete. Dal momento che la "misteriosa" sostanza utilizzata è la cera, appare evidente l'impossibilità di spacciare quelle rappresentazioni per cibo vero nei supermercati o nei ristoranti.

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