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La variante Omicron sfugge agli anticorpi dei guariti e dei vaccinati con due dosi

Lo indicano i dati di un nuovo studio sulla capacità di neutralizzazione degli anticorpi indotti dall’infezione naturale e dal ciclo vaccinale completo nei confronti della nuova variante di preoccupazione.
A cura di Valeria Aiello
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A due settimane dall’identificazione della nuova variante Omicron (B.1.1.529) di Sars-Cov-2, gli scienziati sono sempre più concordi sul fatto che la nuova forma mutata del coronavirus sia in grado di eludere più facilmente la risposta immunitaria indotta da una precedente infezione naturale o dal ciclo vaccinale a due dosi. Le prove finora emerse hanno suggerito che il principale vantaggio di Omicron sulle precedenti varianti derivi proprio dalla sua capacità di “fuga immunitaria”, che aumenterebbe il rischio di infezione nei guariti e nei vaccinati con due dosi.

Anche un nuovo studio, condotto dal un team di ricerca dell’Istituto di virologia dell’Università di Medicina di Innsbruck, in Austria, sebbene non ancora sottoposto a revisione paritaria, ha messo in evidenza come la variante Omicron sia in grado di sfuggire in misura maggiore alla risposta anticorpale rispetto alle altre varianti di preoccupazione (Alfa, B.1.1.7; Beta, B.1.351, e Delta B.1.617.2). Questa nuova analisi, in particolare, è la prima ad aver testato sia campioni di sangue provenienti da immunizzati con i vaccini anti Covid di Pfizer-BioNtech, Moderna e Astrazeneca, anche in somministrazione eterologa (seconda dose di Pfizer dopo Moderna), sia campioni di sangue di pazienti Covid che hanno superato l’infezione da variante Alfa, Beta e Delta, oltre che campioni ottenuti dai cosiddetti “iperimmuni”, cioè soggetti guariti dall’infezione naturale e vaccinati con due dosi, o viceversa, vaccinati con due dosi e poi contagiati.

I risultati dei test di neutralizzazione, anticipati su MedRxiv, indicano che la variante Omicron elude la risposta anticorpale in misura maggiore rispetto a qualsiasi altra variante analizzata. La capacità di neutralizzazione, tuttavia, è stata mantenuta meglio dagli iperimmuni.

Risultati dei test di neutralizzazione utilizzando: a) siero di vaccinati con due dosi di Moderna (Spikevax); b) siero di vaccinati con due dosi di Astrazeneca (ChadOx1); c) siero di vaccinati con Astrazeneca + Pfizer; d) siero di vaccinati con due dosi di Pfizer; e) siero di guariti da variante Alfa; f) siero di guariti da variante Beta; g) siero di guariti da variante Delta; h) siero di soggetti iperimmuni. Varianti Alfa (B.1.1.9), Beta (B.1.351), Delta (B.1.617.2) e Omicron (B.1.529).
Risultati dei test di neutralizzazione utilizzando: a) siero di vaccinati con due dosi di Moderna (Spikevax); b) siero di vaccinati con due dosi di Astrazeneca (ChadOx1); c) siero di vaccinati con Astrazeneca + Pfizer; d) siero di vaccinati con due dosi di Pfizer; e) siero di guariti da variante Alfa; f) siero di guariti da variante Beta; g) siero di guariti da variante Delta; h) siero di soggetti iperimmuni. Varianti Alfa (B.1.1.9), Beta (B.1.351), Delta (B.1.617.2) e Omicron (B.1.529).

L’analisi ha inoltre rivelato alcune differenze a seconda del vaccino anti-Covid utilizzato per l’immunizzazione, indicando che la capacità di neutralizzazione di Omicron è stata mantenuta meglio dai sieri di donatori che hanno ricevuto la vaccinazione eterologa. Differenze sono state osservate anche tra Moderna e con Pfizer, a favore di quest’ultimo vaccino, sebbene i ricercatori sottolineino che queste potrebbero essere spiegate “da diversi intervalli di tempo della seconda dose, 4-5 mesi per Moderna e 1 mese per Pfizer” ha precisato in un tweet dalla virologa Janine Kimpel che ha guidato lo studio.

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