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La variante Covid ha un indice Rt più alto di 0,7: “Molto più contagiosa del virus originario”

Un nuovo studio dell’Imperial College di Londra ha calcolato che la trasmissione della nuova variante è triplicata durante il lockdown inglese di novembre, mentre la diffusione della variante precedente si è ridotta di un terzo.
A cura di Valeria Aiello
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Cellule aggredite dal coronavirus SARS-CoV-2 (in verde). Credit: Istituto Nazionale per le Allergie e le Malattie infettive/NIH
Cellule aggredite dal coronavirus SARS-CoV-2 (in verde). Credit: Istituto Nazionale per le Allergie e le Malattie infettive/NIH

La nuova variante del coronavirus Sars-Cov-2 ha un indice Rt (il numero di riproduzione che indica quante persone, in media, vengono contagiate da un individuo già positivo) tra lo 0,4 e lo 0,7 più alto rispetto precedenti versioni del virus. Lo indica un nuovo studio condotto dall’Imperial College di Londra sulla trasmissibilità della variante nota come lignaggio B.1.1.7 e denominata Variant of Concern 202012/01 (VOC) dal Public Health England, l’Agenzia governativa del Dipartimento della Sanità e dell’Assistenza sociale del Regno Unito.

La variante è stata identificata per la prima volta a metà settembre in Inghilterra, a Londra e nel Kent, la contea a Sud-Est della capitale, e in queste aree, da minoritaria, si è diffusa rapidamente in tutto il Regno Unito, ad eccezione dell’Irlanda del Nord. Rispetto alle varianti identificate in precedenza, il nuovo lignaggio “ha un’enorme differenza nella facilità con cui si diffonde – ha detto alla BBC Axel Gandy, docente dell’Imperial College coinvolto nella nuova ricerca – . Si tratta del più grave cambiamento dall’inizio della pandemia”.

Lo studio indica che la trasmissione della nuova variante è triplicata durante il lockdown inglese di novembre, mentre la versione precedente si è ridotta di un terzo. Diversamente da quanto inizialmente osservato, ovvero che il virus sembrava diffondersi più facilmente tra i minori di 20 anni, in particolare tra i bambini in età scolare, i nuovi dati indicano che la sua trasmissione è più rapida in tutte le fasce di età. “Una possibile spiegazione – ha aggiunto il professor Gandy – può essere dovuta al fatto che i primi dati sono stati raccolti durante il periodo del lockdown di novembre, durante il quale le scuole erano aperte mentre le attività della popolazione adulta erano più limitate. Ora stiamo osservando che il nuovo virus ha aumentato l’infezione in tutte le fasce d’età”.

Il vantaggio in termini di trasmissione, spiegano gli studiosi, è stato quantificato “come aumento additivo di Rt, compreso tra 0,4 e 0,7 e, in alternativa, come incremento moltiplicativo di Rt, compreso tra il 50 e il 75 per cento”. Ad ogni modo, sottolineano, il contesto temporale è importante in quanto “queste stime di vantaggio di trasmissione si applicano a un periodo in cui in Inghilterra era in atto un elevato distanziamento interpersonale”. Motivo per cui la determinazione del vantaggio in altri contesti, senza una conoscenza dettagliata dei driver di trasmissione “richiede cautela”.

A detta degli esperti, non ci sarebbero particolari preoccupazioni riguardo l’efficacia dei vaccini nei confronti della variante. “Le varianti virali esistono dall’inizio della pandemia e sono un prodotto del processo naturale mediante il quale i virus si sviluppano e si adattano ai loro ospiti mentre si replicano – ha sottolineato il professor Lawrence Young della Warwick University – . La maggior parte di queste mutazioni non ha alcun effetto sul comportamento del virus anche se molto occasionalmente possono migliorare la capacità del virus di infettare o diventare più resistente alla risposta immunitaria”. In ogni caso, sono necessarie ulteriori ricerche per capire perché la variante si stia diffondendo così rapidamente, anche se “le prime indicazioni suggeriscono che i vaccini dovrebbero essere comunque efficaci”.

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